La comunità di Sant’Angelo in Formis, frazione di Capua, è scossa da un tragico evento: l’uccisione di un giovane gambiano di soli 17 anni, avvenuta all’interno della Masseria Adinolfi. L’inchiesta, condotta dai sostituti procuratori Mariangela Condello e Gionata Fiore sotto la direzione del procuratore Pierpaolo Bruni, ha portato all’identificazione di un sospettato, cittadino bengalese già impiegato nella struttura. L’ipotesi principale, al momento, è quella di omicidio volontario, ma le indagini, condotte in collaborazione con i Carabinieri della Compagnia di Capua, procedono con la massima cautela e il più stretto riserbo, data la complessità del quadro investigativo.Le dinamiche che hanno portato alla tragedia restano in parte oscure. Secondo le prime ricostruzioni, tra la vittima e il presunto aggressore era già esistito un precedente conflitto, culminato in un violento alterco. La proprietaria della Masseria Adinolfi, interrogata dagli inquirenti, ha confermato di aver assistito a un momento di tensione, nel quale il bengalese sembrava brandire un oggetto, presumibilmente un paio di forbici, sebbene non abbia potuto testimoniare direttamente il momento dell’aggressione. Il sospettato, a sua volta, ha fornito una versione dei fatti in cui si dichiara incapace di ricordare gli eventi successivi a un presunto malore, sostenendo di aver perso conoscenza. La scena del crimine, giunta all’attenzione dei Carabinieri dopo la chiamata al 118, presenta elementi di complessità che rendono più ardua la ricostruzione degli eventi. La presunta arma del delitto, le forbici, è stata rinvenuta sul posto, ma la mancanza di tracce evidenti rende difficoltosa l’identificazione del maneggiatore. Si tratta di dettagli cruciali che potrebbero rivelarsi determinanti, ma che al momento non consentono di cristallizzare una narrazione univoca e definitiva.Parallelamente all’indagine sulla dinamica, gli inquirenti stanno approfondendo la situazione lavorativa di entrambi gli individui coinvolti. La condizione della vittima, impiegata a giornata e da breve tempo nella struttura, solleva interrogativi sulla regolarità dei rapporti di lavoro e sulla possibile presenza di contratti part-time non dichiarati. L’analisi di questi aspetti, insieme alla verifica della documentazione relativa all’impiego del bengalese, potrebbe fornire elementi utili per comprendere il contesto sociale ed economico in cui si è consumata la tragedia. La famiglia Adinolfi, nel frattempo, si è affidata all’avvocato Mauro Iodice per la gestione della vicenda legale. La comunità attende con ansia che la verità emerga, sperando in una rapida conclusione delle indagini e in una risposta a un dolore profondo che ha colpito il territorio.
Tragedia a Sant’Angelo in Formis: ucciso gambiano, indagini in corso.
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