mercoledì 15 Ottobre 2025
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Nafrica: L’ombra del colonialismo a Capodimonte.

L’Eco Silenziata: Colonialismo, Arte e Identità al Museo di CapodimonteNapoli, culla di storia e crocevia culturale, si confronta con un capitolo doloroso e a lungo silenziato della sua identità nazionale attraverso la mostra “Nafrica-Maschere” al Museo e Real Bosco di Capodimonte.

L’iniziativa, inserita nel contesto delle celebrazioni per i 2500 anni del Comune, si articola come una riflessione complessa e necessaria sull’eredità del colonialismo italiano e la sua influenza, spesso perversa, sull’arte e sulla costruzione del discorso identitario.
La mostra si pone come un’indagine stratificata, che parte dalla rilettura di un archivio storico di documenti, libri, riviste e installazioni, per poi aprirsi a una dialogo contemporaneo con opere di venticinque artisti, africani ed europei.
Questo dualismo, abilmente orchestrato dal curatore internazionale Simon Njami, teorico dell’arte contemporanea e scrittore nato in Svizzera da genitori camerunensi, mira a creare una tensione interpretativa: da un lato, la riduzione, scientificamente giustificata, del volto umano a mero oggetto di studio e di dominio coloniale; dall’altro, la riaffermazione della soggettività e della dignità umana attraverso la creazione artistica.
Un elemento particolarmente disturbante e cruciale è rappresentato dai calchi facciali realizzati, nel periodo fascista, sui nativi del Corno d’Africa.
Questi manufatti, provenienti dall’Università Federico II, non vengono esposti come reperti antropologici neutrali, ma come documenti tangibili della violenza ideologica che ha sostenuto e legittimato pratiche disumane come la schiavitù, la segregazione razziale e culminate nelle leggi razziali del 1938.

Il lavoro dell’antropologo fiorentino Lidio Cipriani, che viaggiò in Africa tra il 1923 e il 1927, si rivela così emblematico di un sistema di pensiero che ha depauperato l’umanità di intere popolazioni.

La sua adesione al “Manifesto della Razza” ne sancisce la compromissione con un regime totalitario e razzista.

La mostra, come sottolinea la direttrice artistica Laura Valente, si inserisce in un percorso di decolonizzazione della memoria, inteso come un confronto aperto e costruttivo tra il Sud globale e il Sud Italia.
Napoli, città dalla storia complessa e multiforme, si offre come ponte culturale, un luogo di incontro e di scambio, dove l’arte può ritrovare il suo ruolo più profondo: quello di catalizzatore di trasformazione sociale e di comprensione reciproca.
L’eco silenziosa del colonialismo, risuonata attraverso le opere di Antonio Biasiucci, Délo Jasse, Edson Chagas, Euridice Zaituna Kala, Férielle Doulain-Zouari, Gonçalo Mabunda, Jean Lamore, Maria Magdalena Campos, Maurice Pefura, Michèle Magema, Mwangi Hutter, Myriam Mihindou, Pascale Marthine Tayou, Pelagie Gbaguidi, Theo Eshetu, e altri, invita a un’analisi profonda delle radici e delle conseguenze del dominio coloniale, e apre ad una riflessione urgente sulla nostra in e sul nostro ruolo come memoria.

e agente di cambiamento.

L’iniziativa, sostenuta da Andrea Aragosa per Black Tarantella e in collaborazione con le universitar e Musealevel, si presenta come un atto di gest in vel de att e di espon, e invita il pub in del a una pub del a e del vel .

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