La recente polemica riguardante l’esercizio del potere economico, o “golden power”, da parte dell’Italia, solleva questioni cruciali di sovranità nazionale e diritto europeo. La missiva del Ministero dell’Economia alla Commissione Europea, in risposta alle richieste di chiarimenti relative all’acquisizione di Banco BPM da parte di Unicredit, sottolinea un aspetto fondamentale: la legittimazione dell’intervento italiano si radica nella salvaguardia della sicurezza pubblica, una prerogativa di esclusiva competenza nazionale, ermeticamente distinta dalla disciplina delle concentrazioni economiche prevista dal regolamento comunitario.Questo concetto non è meramente tecnico, bensì incarna una tensione tra due ordini giuridici. Il regolamento comunitario sulle concentrazioni, emanato per garantire la concorrenza nel mercato interno, attribuisce alla Commissione Europea il potere di valutare e approvare o vietare operazioni che potrebbero alterare significativamente la struttura competitiva. Il “golden power”, invece, è uno strumento nazionale che consente allo Stato di esercitare un controllo rafforzato su determinate operazioni economiche, considerate strategiche per interessi nazionali, anche al di là delle valutazioni di concorrenza.La lettera del Ministero non nega la rilevanza del diritto europeo, ma ne circoscrive l’applicazione. Afferma che la sicurezza pubblica, in termini ampi, include la stabilità del sistema finanziario, la resilienza delle infrastrutture economiche essenziali e la prevenzione di rischi sistemici che potrebbero compromettere l’ordine pubblico. Operazioni di acquisizione bancarie di rilevanza sistemica, come quella tra Unicredit e Banco BPM, rientrano potenzialmente in questa definizione, giustificando l’intervento statale anche in presenza di un’approvazione da parte della Commissione europea in base al regolamento sulle concentrazioni.La questione è complessa perché il concetto di “sicurezza pubblica” è intrinsecamente elastico e soggetto a interpretazioni divergenti. L’Italia, attraverso questa posizione, rivendica una maggiore autonomia interpretativa, sostenendo che la tutela degli interessi nazionali prevalenti può, in alcuni casi, richiedere misure che vadano oltre le valutazioni puramente concorrenziali. Questa rivendicazione si inserisce in un contesto più ampio di crescente attenzione da parte degli Stati membri dell’Unione Europea alla protezione delle proprie economie e alla tutela di settori strategici. La pandemia di COVID-19, ad esempio, ha evidenziato la necessità per gli Stati di intervenire per sostenere le proprie industrie e prevenire collassi economici.Tuttavia, l’esercizio del golden power non è privo di rischi. Un uso eccessivo o arbitrario potrebbe ledere il principio della libera circolazione dei capitali e la parità di trattamento tra gli investitori. La Commissione Europea, a sua volta, deve garantire che gli Stati membri non utilizzino il golden power come pretesto per proteggere le proprie economie in modo protezionistico, in contrasto con i principi fondamentali del mercato interno.La risposta del Ministero dell’Economia segna dunque un punto di svolta nel dibattito sul golden power, aprendo la strada a una maggiore discrezionalità nazionale nell’interpretazione e nell’applicazione di questo strumento, ma anche sollecitando un dialogo costruttivo con le istituzioni europee per evitare conflitti e garantire il rispetto del diritto comunitario. Il caso Unicredit-Banco BPM, in definitiva, rappresenta un banco di prova cruciale per definire i confini del potere statale in un’economia globalizzata e integrata.