domenica, 8 Giugno 2025
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Kraus risuona a Torino: Latella sfida l’apocalisse.

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L’eco del kolossal di Ronconi a Torino, trentacinque anni fa, risuona ora nella nuova, ambiziosa rilettura di Antonio Latella, che affida a un sestetto di giovani attori dell’Accademia D’Amico la titanica impresa di portare in scena “Gli ultimi giorni dell’umanità” di Karl Kraus. Un’opera che, per stessa ammissione dell’autore viennese, si rivelava quasi irrappresentabile, tanto da dissuadere il celebre Max Reinhardt dall’intrapresa. Un rifiuto profetico, quasi a suggerire che solo un luogo al di là della Terra, come Marte, potesse accogliere la sua visione apocalittica.Quest’opera, nata dalle macerie della Grande Guerra (scritta nel 1919 e pubblicata nel 1922), si estende per quasi settecento pagine (nell’edizione Adelphi a cura di Braun e Carpitella), e si configura come un affresco sconvolgente della follia che ha portato l’Europa sull’orlo del baratro. Più che un romanzo o un dramma convenzionale, è un assemblaggio caleidoscopico di frammenti: bollettini militari, discorsi ufficiali, pettegolezzi intercettati al caffè, articoli di giornale, e soprattutto, un diluvio di citazioni. Kraus costruisce un mosaico distorto, un “puzzle” che svela la vacuità della retorica bellica, la sua costruzione artificiale, l’esaltazione spietata e le menzogne che ne accompagnavano ogni passo. Si tratta di un’opera che non si limita a descrivere la dissoluzione dell’Impero Austro-Ungarico, ma che ne fa un simbolo universale del declino e della tragedia dell’umanità.Il commento di Alessandro Barbero, storico di fama, illumina con lucidità la persistente attualità dell’opera: l’atteggiamento verso il riarmo e la retorica patriottica che precedettero il 1915 riecheggiano disturbanti parallelismi con la nostra contemporaneità. L’insistenza di Kraus sulla necessità di perseguire la pace, pur riconoscendone i costi, si rivela particolarmente inquietante, portando alla mente la sarabanda finale della messa in scena di Latella. Questa conclusione, una danza diabolica sul modello della “Terza notte di Valpurga”, un riferimento diretto al volume in cui Kraus analizzò l’avvento e la barbarie del nazismo, culmina con la riproduzione dell’inno nazionale tedesco, “Deutschland über alles”, un epilogo che suscita più angoscia che liberazione.Lo spettacolo, lungi dall’essere una semplice cronaca storica, si presenta come una visione profetica, un grido di allarme rivolto a coscienze assopite, un monito a risvegliarsi di fronte alla spirale autodistruttiva. La performance, ridotta a sei voci corali, incarna il fervore patriottico, la stupidità umana che si abbandona ciecamente al proprio destino, manipolata e sfruttata da chi specula sulla sua bestialità. L’alternanza di narrazioni pubbliche e private, di resoconti di atrocità belliche e di momenti di stoltezza bellicista, crea un’atmosfera sempre più surreale e opprimente, un’assurdità che spinge a curare i feriti per poi rispedirli al fronte, a obbedire ad ordini senza interrogarsi sulla loro liceità.La prova degli attori, giovani e talentuosi, è stata estenuante, un vero e proprio banco di prova per la loro capacità vocale e fisica. Un percorso di ritmo, esasperazione e, al contempo, di momenti di pausa contemplativa, dove ognuno di loro ha l’opportunità di esprimere la propria individualità. Eva Cela, Pietro Giannini, Fabiola Leone, Irene Mantova, Riccardo Rampazzo e Daniele Valdemarin, meritano una menzione speciale per la loro vitalità e il loro impegno fisico, amplificati da scarpe con suole metalliche che accentuano i movimenti, vestiti vagamente ispirati all’abbigliamento tirolese e una galleria di magliette che indicano, via via, il personaggio interpretato, dall’Ottimista alla Maestra, dalla Classe all’Esercito, in una progressione quasi infinita.Si tratta di un progetto sperimentale, un saggio di fine laboratorio, una sfida che si è rivelata trionfante e accolta con entusiasmo dal pubblico. Purtroppo, al momento, non sono previste repliche altrove, lasciando un senso di incompiutezza e la speranza che questa potente interpretazione possa trovare nuove occasioni per risuonare e illuminare il presente.

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