La metamorfosi dell’organizzazione mafiosa corleonese, lungi dall’essere un epilogo definitivo, si rivela un processo di radicale trasformazione, con la sua tradizionale potenza criminale che cede il passo a una forma più insidiosa: la criminalità d’affari. Questa evoluzione, analizzata durante l’iniziativa “I cantieri del diritto” a Selinunte e in prosecuzione a Marsala, sottolinea come la mafia contemporanea si insinui sempre più nell’economia legale, prediligendo territori dotati di infrastrutture e con un tessuto economico robusto, per meglio sfruttarne le opportunità di ricavo illecito. L’affiliazione, un tempo segnata da rituali e gerarchie ferree, si misura oggi in termini di capacità di generare profitto e di manipolare il mercato.Il dibattito, animato da magistrati, docenti universitari e avvocati – figure chiave nella lotta alla criminalità organizzata – ha messo in luce come il sistema 41*bis, e le sue implicazioni giuridiche, necessiti di una costante revisione e di una prospettiva di riforma in grado di rispondere alle nuove sfide poste dall’evoluzione criminale. La sopravvivenza della mafia non è dunque solo una questione di repressione, ma anche – e soprattutto – di tutela dei diritti fondamentali dei cittadini: salute, ambiente, lavoro. La ricerca di favoritismi, la mancata rivendicazione di diritti inalienabili, alimentano un clima di connivenza che fornisce terreno fertile per la diffusione della cultura mafiosa.L’esperienza dei magistrati che hanno condotto le indagini nel maxi processo di ‘Omega’, un punto di svolta nella lotta alla mafia trapanese, ha offerto spunti di riflessione profondi. Massimo Russo, ricordando il suo impegno in DDA, ha descritto una “normalità mafiosa” – una struttura parallela allo Stato che assumeva funzioni di sicurezza e welfare, ottenendo il consenso attraverso la forza e l’intimidazione. Oggi, assistiamo a una profonda trasformazione culturale, soprattutto tra le nuove generazioni, con dinamiche e comportamenti che richiedono un’analisi e un intervento mirati.L’assenza di collaboratori di giustizia, un fattore che un tempo ha permesso di svelare intricate reti criminali, rappresenta una sfida significativa per le forze dell’ordine. L’evoluzione delle tecniche investigative e la maggiore capacità di riservatezza dei clan rendono più complessa l’acquisizione di informazioni cruciali.Il giornalista Lirio Abbate ha puntato il dito su un problema radicato nel tessuto sociale dei piccoli centri: la mentalità della non denuncia, un atteggiamento che contribuisce a creare un consenso sociale attorno alla criminalità. Questa forma di omertà non è solo una questione di paura, ma anche di una complessa rete di relazioni e di una diffusa accettazione tacita di comportamenti illegali. La lotta alla mafia, quindi, richiede un cambiamento culturale profondo, che coinvolga l’intera comunità, promuovendo la consapevolezza dei diritti e incoraggiando la denuncia come atto di responsabilità civica. La nuova frontiera nella lotta alla criminalità organizzata passa per la rigenerazione sociale e l’educazione alla legalità.
Mafia: dall’omertà alla criminalità d’affari, un’evoluzione insidiosa.
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