L’approvazione in Senato dell’articolo 2 del disegno di legge sulla separazione delle carriere magistratili rappresenta una svolta istituzionale di rilevanza costituzionale, segnando un’evoluzione nel sistema di governo della giustizia italiana. L’emendamento, che incide direttamente sull’articolo 102 della Costituzione, non si limita a una mera precisazione tecnica, ma introduce una distinzione funzionale e procedurale tra le carriere di magistrati giudicanti (coloro che decidono le sentenze) e di magistrati requirenti (coloro che conducono le indagini e sostengono l’accusa).Questa riorganizzazione, lungamente dibattuta e controversa, mira a rafforzare l’indipendenza e l’imparzialità del sistema giudiziario, mitigando potenziali conflitti di interesse e riducendo le possibili interferenze tra le diverse fasi del processo. La formulazione modificata dell’articolo 102, che ora esplicita l’esistenza di “distinte carriere” per le due figure, apre la strada a una maggiore specializzazione professionale e a percorsi di formazione specifici, potenzialmente migliorando l’efficienza e la qualità della giustizia.Gli articoli 3 e 4 del disegno di legge, che seguono l’approvazione dell’articolo 2, concretizzano questo principio cardine attraverso la previsione di due Consigli Superiori della Magistratura (CSM) separati, dedicati rispettivamente alla gestione della carriera dei magistrati giudicanti e dei magistrati requirenti. Questa separazione, se da un lato promette una maggiore attenzione alle specifiche esigenze e problematiche di ciascuna carriera, dall’altro solleva interrogativi sulla possibile frammentazione del sistema, sulla necessità di garantire coordinamento tra i due organi e sulla potenziale duplicazione di funzioni.La decisione del Senato, che ha respinto le proposte di modifica presentate dalle opposizioni, testimonia la volontà del governo di perseguire questa riforma con determinazione, nonostante le resistenze e le preoccupazioni sollevate da diverse componenti del mondo giudiziario e politico. Le modifiche apportate rappresentano un intervento significativo nel delicato equilibrio dei poteri dello Stato, e la loro piena attuazione richiederà un’analisi approfondita delle conseguenze pratiche e un costante monitoraggio per evitare effetti indesiderati. Il dibattito, lungi dall’essere concluso, si sposta ora alla Camera dei Deputati, dove la legge dovrà essere approvata definitivamente, aprendo un nuovo capitolo nella storia della giustizia italiana.