L’eco della celebrazione patriottica risuona a Mormant-sur-Vernisson, un luogo che, paradossalmente, si erge a palcoscenico di un dibattito sulla sovranità nazionale in un contesto europeo. Il leader della Lega, Matteo Salvini, ha pronunciato un discorso volto a galvanizzare i sostenitori, dipingendo un quadro complesso di minacce percepite e di un futuro da costruire, delineando una visione politica che pone al centro la difesa dell’identità nazionale.L’affermazione che “la Lega è con voi” non è una mera constatazione, ma un atto di appartenenza, un richiamo a una comunità di valori e aspirazioni condivise. Si percepisce un senso di alleanza, una promessa di condivisione di un destino comune. Questa affermazione si intreccia con la dichiarazione secondo cui “la maggioranza degli italiani è con voi”, un tentativo di legittimare l’azione politica attraverso un presunto mandato popolare, suggerendo una frattura profonda tra l’élite politica e il sentire comune.Il fulcro del discorso si concentra sulla lotta contro una visione percepita di Unione Europea “dominata da burocrati e banchieri”. Questa critica non è nuova; si radica in una narrazione che accusa le istituzioni europee di essere distanti dalle esigenze reali dei cittadini, di privilegiare interessi economici e finanziari a scapito della sovranità nazionale e della democrazia popolare. La retorica impiega un linguaggio diretto e accusatorio, con l’intento di suscitare un sentimento di risentimento e di opposizione.L’analisi delle minacce, paradossalmente, non si proietta verso est, verso scenari di conflitto militare, ma si rivolge verso sud, focalizzandosi sulla questione migratoria. La qualificazione di “migranti clandestini” denota un’interpretazione problematica del fenomeno migratorio, suggerendo un’associazione automatica con l’illegalità e la potenziale destabilizzazione sociale. Questa focalizzazione non è casuale; mira a suscitare timori e a consolidare un’immagine di minaccia esterna, deviando l’attenzione da altre problematiche interne.L’invocazione di “tutte le armi permesse dalla democrazia” sottolinea l’impegno a operare all’interno dei confini legali, ma suggerisce anche una certa aggressività e determinazione nella difesa degli interessi nazionali. L’accostamento con il riferimento a “Papa Leone” appare incongruente e forzato, un tentativo di legittimare la posizione attraverso un’evocazione di autorità religiosa che, in realtà, non si adatta al contesto politico del discorso. Potrebbe rappresentare un tentativo, maldestro, di mascherare una retorica nazionalista con un’apparenza di spiritualità.Il discorso, nel suo complesso, si configura come un appello a una resistenza contro un ordine percepito come oppressivo, a una rivendicazione della sovranità nazionale e dell’identità culturale. La narrazione, seppur efficace nel mobilitare un elettorato specifico, semplifica eccessivamente questioni complesse e rischia di alimentare divisioni e pregiudizi, oscurando la necessità di un approccio più costruttivo e inclusivo per affrontare le sfide del XXI secolo. L’apparente forza e coesione che il discorso tenta di comunicare nasconde, in realtà, una fragilità intrinseca, derivante dalla sua dipendenza da una narrazione polarizzante e da una visione del mondo limitata.