La vicenda giudiziaria relativa al risarcimento danni d’immagine nei confronti di Antonino Filippo Speziale, condannato per l’omicidio preterintenzionale dell’ispettore Filippo Raciti, ha subito una svolta significativa con la decisione della terza sezione civile della Corte di Cassazione. La sentenza, che annulla con rinvio la decisione della Corte d’appello di Catania (dell’8 giugno 2023) che aveva condannato Speziale a risarcire il Ministero dell’Interno e la Presidenza del Consiglio dei Ministri con 100.000 euro, solleva questioni di profondo rilievo sul delicato equilibrio tra diritto alla riabilitazione, diritto all’immagine delle istituzioni pubbliche e libertà di informazione.La decisione della Suprema Corte non si limita a una mera forma: evidenzia una carenza di motivazione nella sentenza impugnata, accogliendo il ricorso presentato dall’avvocato Giuseppe Lipera. Questo implica che la Corte d’appello non ha adeguatamente giustificato il nesso causale tra la divulgazione delle immagini relative agli eventi che portarono alla morte dell’ispettore Raciti (scontri tra ultras etnei e forze dell’ordine) e un effettivo pregiudizio all’immagine delle istituzioni coinvolte.Un aspetto cruciale della sentenza cassatoria risiede nella sua interpretazione del danno all’immagine. La Corte non considera sufficiente la mera esposizione, anche cruenta, di immagini relative a un evento lesivo. Per configurare un danno all’immagine, è necessario dimostrare un concreto pregiudizio alla reputazione, una perdita di credibilità o una percezione negativa che deriva specificamente dalla divulgazione di tali immagini. In altre parole, la Cassazione ha sottolineato che non si può presumere, automaticamente, che la visione di immagini di violenza e disordini comporti un discredito nei confronti dello Stato italiano e della sua capacità di garantire l’ordine pubblico. Questo principio sottolinea l’importanza di un’analisi approfondita e circostanziata per valutare l’impatto di un evento sulla percezione pubblica delle istituzioni.La richiesta di risarcimento, originariamente stimata in 15 milioni di euro in primo grado e poi ridotta a 100.000 euro in appello, non è stata accolta perché non è stato provato che la pubblicazione delle immagini abbia concretamente danneggiato l’immagine pubblica. L’avvocatura dello Stato, che aveva chiesto il ripristino della stima originaria del danno patrimoniale, ha visto respinto il suo ricorso.L’avvocato Lipera ha sottolineato come la decisione della Cassazione rappresenti un importante passo avanti per Antonino Speziale, offrendogli la possibilità di affrontare nuovamente la questione del risarcimento danni in un diverso collegio della Corte d’appello di Catania. La sentenza non solo annulla la condanna preesistente, ma rinvia anche la questione delle spese legali, aprendo la strada a una nuova valutazione del caso. La decisione, in definitiva, pone l’accento sulla necessità di una rigorosa prova del nesso causale tra un evento e il danno alla reputazione, soprattutto quando si tratta di istituzioni pubbliche.
Speziale, Cassazione ribalta condanna per danno d’immagine
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