Il Tribunale di Palermo ha concluso il processo relativo alla tragica scomparsa di Vincenzo Oliveri, 70 anni, ex paziente del reparto di pneumologia dell’ospedale Civico, assolvendo i dodici medici imputati.
L’evento, verificatosi nel 2017, aveva generato un’ondata di indignazione pubblica e sollevato interrogativi inquietanti sulle condizioni igienico-sanitarie all’interno della struttura ospedaliera.
L’inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore Francesco Gualtieri, era stata avviata in seguito alla denuncia dei familiari di Oliveri, i quali avevano documentato, tramite smartphone, una situazione di grave degrado.
Le immagini diffuse mostravano un reparto infestato da formiche, arredi danneggiati e servizi igienici in condizioni precarie.
Questa testimonianza diretta aveva innescato un’ispezione del Nas (Nucleo Antisofisticazioni e Sanità) dei Carabinieri.
L’accusa aveva ipotizzato un reato di omicidio colposo nei confronti del team medico, composto dai dottori Giuseppe Madonia, Francesco Norrito, Marinella Alessi, Renato Fumagalli, Provvidenza D’Accardi, Maria Emanuele, Alberto Maringhini e Angelo Giuseppe Arena, insieme ad altri professionisti sanitari.
La difesa, rappresentata dagli avvocati Giuseppe Di Cesare, Fernanda Bono, Giuseppe Seminara, Salvino Caputo, Giada Caputo, Giovanni Di Benedetto e Carlo La Rosa, ha contestato la sussistenza di un nesso causale tra le presunte condizioni igienico-sanitarie e il decesso del paziente.
Durante il lungo iter processuale, sono emersi elementi di rilevanza cruciale.
In particolare, l’ispezione del Nas, nonostante la gravità della denuncia, non aveva riscontrato la presenza di infestazioni di formiche.
La direzione sanitaria, dimostrando proattività, aveva già disposto interventi di disinfestazione su richiesta del primario e del caposala, ben prima che la vicenda diventasse di dominio pubblico.
Si è accertato che, sebbene il problema degli insetti fosse esistito, erano state attivate procedure per affrontarlo.
La decisione del giudice Marina Minasola, che ha assolto tutti gli imputati, si basa sulla constatazione che non sussiste alcuna correlazione tra le condizioni ambientali e il decesso del paziente.
Le cause del decesso sono state attribuite a una condizione cronica polmonare terminale, una patologia preesistente che ha portato alla morte di Oliveri.
Il caso solleva questioni complesse riguardanti la responsabilità medica, le condizioni strutturali degli ospedali, e l’importanza di una comunicazione trasparente tra operatori sanitari, pazienti e loro famiglie.
Il verdetto, pur concludendo il processo, lascia aperta la riflessione sull’urgenza di garantire standard igienico-sanitari adeguati in tutte le strutture ospedaliere, per tutelare la salute e la dignità dei pazienti.