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Cetti Zerilli: la verità sepolta risorge dopo 89 anni.

Il silenzio di un’epoca, un lutto cittadino soffocato dalla censura, una verità sepolta per quasi un secolo: è la storia di Maria Concetta Zerilli, detta Cetti, studentessa palermitana strappata alla vita nel 1935, e ora finalmente restituita alla memoria collettiva.
Un’iniziativa, prevista per il 16 settembre dinanzi alla facoltà di Giurisprudenza, luogo simbolo del suo tragico destino, segna un punto di rottura con il passato, un atto di giustizia tardiva.
La vicenda, ora resa pubblica grazie al lavoro certosino del giornalista Salvo Palazzolo e al suo libro “L’amore in questa città”, emerge come un monito sulla fragilità della verità di fronte al potere e sulla responsabilità del giornalismo nel ricercarla e divulgarla.

La morte di Cetti, avvenuta nell’armeria universitaria, un luogo ora trasformato in archivio, fu inizialmente liquidata come un suicidio con coinvolgimento di un uomo in divisa fascista, una narrazione costruita per proteggere interessi ben più ampi della semplice indagine criminale.

Il padre della giovane, profondamente convinto della falsità di tale ricostruzione, si scontrò con un muro di omertà e repressione.

Il regime, consapevole del potenziale scandalo che la vicenda poteva generare, impone un bavaglio ferreo sui media, annullando di fatto il diritto all’informazione e al ricordo.

Eppure, la verità, come un seme ostinato, trovò terreno fertile nella coscienza di un uomo: Nino Marino, giornalista del Giornale di Sicilia, che, pur non potendo pubblicare la storia, la custodì gelosamente, trasmettendola a Aurelio Bruno, giovane collega.
Quest’ultimo, a sua volta, mantenne il segreto per decenni, fino a quando, avvicinandosi alla fine della sua vita, non lo rivelò a Salvo Palazzolo, colui che ha avuto il coraggio di riportare alla luce questa storia ingiusta.
L’iniziativa del 16 settembre, promossa dal Comitato educativo della VI Circoscrizione, dall’Unione Avvocatura Siciliana, dalle associazioni Imago e Laboratorio Creativo Don Nino Mind Food, non è solo un tributo alla memoria di Cetti Zerilli, ma un’occasione per riflettere su un problema ancora troppo diffuso: la violenza contro le donne.
Rappresenta un impegno concreto per contrastare un fenomeno radicato nella cultura e che richiede un’azione sinergica tra istituzioni e società civile.

La storia di Cetti, al di là del suo dramma personale, incarna la lotta per la verità, la resistenza alla manipolazione e il valore imprescindibile del diritto alla memoria, un diritto che deve essere costantemente difeso per non ripetere gli errori del passato e per costruire un futuro in cui la giustizia e l’equità siano davvero per tutti.

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