Un significativo colpo alla criminalità organizzata etnea è stato inferto dalle forze dell’ordine palermitane, con l’esecuzione di tre distinti provvedimenti di confisca emessi dalla sezione misure di prevenzione del tribunale locale.
Le azioni, che coinvolgono figure di spicco della mafia palermitana, mirano a prosciugare le risorse economiche alimentanti le attività illecite e a infliggere un duro colpo alla capacità di riorganizzazione delle famiglie criminali.
La prima confisca, del valore di 500.000 euro, recide i legami economici di Stefano Bologna, 63 anni, figura incriminata per traffico internazionale di stupefacenti – hashish e marijuana – nell’ambito dell’operazione “Nemesi”.
L’arresto di Bologna, avvenuto nell’ottobre 2021, ha svelato una complessa rete di approvvigionamento e distribuzione di sostanze stupefacenti, evidenziando la sua posizione chiave all’interno di un’organizzazione criminale transnazionale.
La condanna a 2 anni e 8 mesi di reclusione rappresenta una conseguenza giuridica diretta delle sue attività, mentre la confisca dei beni mira a privarlo dei proventi derivanti da tali reati.
Successivamente, l’attenzione si concentra su Tommaso Di Giovanni, 59 anni, figura centrale nell’organizzazione mafiosa del mandamento di Porta Nuova.
Arrestato nel marzo 2019 nell’operazione “Atena”, Di Giovanni è stato riconosciuto come uno dei direttori, unitamente ai suoi fratelli, di quell’importante compartimento territoriale della mafia palermitana.
La condanna definitiva a 15 anni e 6 mesi di reclusione testimonia la gravità delle accuse e la solidità delle prove raccolte.
Le precedenti inchieste “Perseo” e “Pedro” avevano già messo a segno arresti significativi nel suo entourage, contribuendo a delineare la sua posizione apicale nell’organizzazione.
La confisca di beni per 700.000 euro costituisce un ulteriore elemento di pressione e un segnale di deterrenza nei confronti di potenziali affiliati.
Infine, l’attenzione si rivolge a Nicolò Testa, deceduto nel 2023, figura storica all’interno della famiglia mafiosa di Bagheria.
L’arresto nel 2015, nell’ambito dell’operazione “Panta Rei”, aveva rivelato il suo ruolo di capo e la sua influenza sulla comunità locale.
Le condanne in primo e secondo grado a 13 anni e 6 mesi di reclusione sottolineano la serietà delle accuse e la sua leadership all’interno dell’organizzazione.
L’ipotesi di suo coinvolgimento nella gestione della latitanza del noto boss Bernardo Provenzano aggiunge un ulteriore livello di gravità alla sua figura, collocandolo al crocevia di dinamiche criminali di rilevanza nazionale.
La confisca irrevocabile di beni per circa 800.000 euro, a distanza di anni dalla sua detenzione e successiva liberazione nel 2022, dimostra la capacità delle autorità di tracciare e confiscare patrimoni illecitamente accumulati, anche a distanza di anni.
Questi provvedimenti di confisca, eseguiti con la precisione e la determinazione delle forze dell’ordine, rappresentano un tassello fondamentale nella lotta contro la mafia palermitana, finalizzati a sottrarre alle organizzazioni criminali le risorse economiche necessarie per sostenere le loro attività illecite e a restituire alla collettività beni illecitamente acquisiti.
L’operazione sottolinea l’importanza delle misure di prevenzione patrimoniale come strumento strategico per smantellare il potere economico della mafia e promuovere un futuro più giusto e sicuro per la comunità.