Il corteo palermitano, nato in risposta allo sciopero generale a sostegno della popolazione palestinese, si dispiega come un affresco di resilienza e dissidenza.
In prima fila, un elemento inatteso e potente: un gruppo di clown-giocolieri, espressione congiunta di tre collettivi artistici – Libera il Cappello, la Murga del Genio e Trizze di Donne – che, attraverso la parodia, decostruiscono l’immagine della forza militare.
Non si tratta di una semplice trovata scenica, bensì di una scelta ponderata, frutto di una riflessione profonda.
“Ci siamo ritrovati in precedenti manifestazioni e abbiamo sentito la necessità di unire le nostre forze”, spiega Fabrizio Campo, uno dei partecipanti, “perché questa sinergia ci permette di attrarre l’attenzione del pubblico e di infondere un’aria di speranza e di sarcasmo in un momento storico gravido di dolore”.
La scelta dell’arte circense come strumento di protesta non è casuale.
I clown, figure tradizionalmente legate all’abbattimento delle barriere sociali e alla denuncia delle ingiustizie, utilizzano la risata e la provocazione per smascherare le dinamiche di potere.
Il loro travestimento ironico, che ridicolizza l’estetica della guerra e della militarizzazione, mira a de-legittimare la violenza, a privarla del suo fascino e a stimolare una riflessione critica.
L’azione performativa, in questo contesto, trascende la mera rappresentazione.
Si configura come un atto di resistenza simbolica, un tentativo di riappropriarsi dello spazio pubblico e di sovvertire l’ordine costituito.
I giocolieri, con i loro gesti goffi e le loro espressioni esagerate, incarnano la fragilità umana di fronte alla potenza distruttiva delle armi.
La presenza di Trizze di Donne, collettivo artistico femminista, aggiunge una dimensione ulteriore al corteo.
Le artiste, attraverso la loro creatività, denunciano le violenze di genere perpetrate in contesti di conflitto e promuovono una cultura di pace e di uguaglianza.
L’iniziativa palermitana si inserisce in un più ampio movimento di artisti e attivisti che utilizzano l’arte come strumento di cambiamento sociale.
Il corteo, con la sua combinazione di denuncia, ironia e performance circense, offre un messaggio potente: anche di fronte alla sofferenza e alla disumanità, la speranza e la creatività possono trovare spazio e contribuire a costruire un futuro più giusto e pacifico.
La risata, in questo caso, non è evasione, ma atto rivoluzionario.