Nel cuore di Palermo, sotto le vestigia di Palazzo Forcella De Seta, un ritrovamento eccezionale ha risvegliato echi di un passato secolare. Durante i lavori di restauro di un locale interno a Porta dei Greci, è riemerso un affresco, opera di Bartolomeo Navarrete e databile alla fine del XVI secolo, raffigurante il Crocifisso. La sua riscoperta, un anello mancante nella comprensione della storia palermitana, è il frutto di un’approfondita ricerca archivistica condotta da Maurizio Vesco, funzionario dell’Archivio di Stato di Palermo, e documentata nel volume “Il tesoro nascosto di Porta dei Greci”, edito da 40due su impulso di Ance Palermo.La ricostruzione della genesi dell’affresco si avvale di una fonte preziosa e inaspettata: “Le porte della città di Palermo al presente descritte”, un’opera a stampa del 1732, pubblicata dal celebre erudito Antonino Mongitore (1663-1743) sotto lo pseudonimo di Lipario Triziano. Questo testo settecentesco, una vera e propria guida illustrata della città, fornisce una descrizione dettagliata dell’interno di Porta dei Greci, descrivendo espressamente la presenza dell’immagine del Crocifisso dipinta ad affresco.Sebbene giunto a noi in condizioni frammentarie, l’affresco originario doveva costituire un’opera di notevoli dimensioni, occupando quasi interamente la parete perimetrale del piccolo vano interno alla porta. La sua imponenza, un tempo accentuata da una cornice in stucco oggi perduta, testimonia l’importanza simbolica e devozionale attribuita alla rappresentazione del Cristo sofferente. Il telaio architettonico, con i suoi pilastri scanalati, i capitelli elaborati e le trabeazioni modanate adornate con fregi a rosoni, suggerisce una concezione progettuale articolata e raffinata.L’ubicazione strategica dell’affresco, in un punto di accesso cruciale alla città, rivela una funzione non solo religiosa ma anche apotropaica: la protezione dei viaggiatori e della comunità urbana. Mongitore, nella sua descrizione, menziona un’iscrizione sottostante il Crocifisso, oggi scomparsa, e altre due figure originarie, Santa Cristina e Santa Eulalia, che completavano la composizione pittorica. La loro perdita rappresenta una lacuna significativa nella comprensione dell’opera nel suo insieme.La datazione dell’affresco al 1580 colloca la sua realizzazione nel pieno del governo del duca di Paliano e di Tagliacozzo, Marco Antonio Colonna, un viceré di spicco nella storia di Sicilia. Questo legame, corroborato dalla narrazione di Mongitore, suggerisce un possibile committenza o influenza da parte della potente famiglia romana.L’intervento di restauro intrapreso dall’Ance Palermo va ben oltre il mero recupero dell’affresco: esso rappresenta un’occasione per riscoprire e valorizzare un manufatto architettonico di eccezionale rilevanza, Porta dei Greci – nota anche come porta Africa o Vega – un esempio notevole di porta rinascimentale in Sicilia. La riscoperta di questo spazio, ricco di storia e significato simbolico, contribuisce a riaccendere l’attenzione sulla complessità e la bellezza del patrimonio culturale palermitano, invitando a una riflessione più ampia sul ruolo delle porte come elementi di confine, di scambio e di identità urbana. Il ritrovamento rappresenta quindi un tassello fondamentale per ricostruire la storia urbanistica e artistica di Palermo, un invito a riscoprire le memorie silenziose che si celano tra le pietre della città.
Riscoperto a Palermo un Crocifisso del ‘500: un tesoro nascosto.
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