Un patrimonio stimato in 50 milioni di euro è stato oggetto di un provvedimento di sequestro preventivo a carico di Emanuele Catania, figura imprenditoriale operante nel settore della pesca e della commercializzazione di prodotti ittici, con una significativa proiezione internazionale. Il provvedimento, emesso dal Tribunale di Caltanissetta – sezione misure di prevenzione, rappresenta l’esito di un’indagine complessa condotta dalla direzione distrettuale antimafia nissena, e coordinata dall’Unità Speciale Anticorruzione della Procura di Caltanissetta, e concretizzata dall’intervento del Gico (Gruppo Investigativo Comparto) del nucleo di polizia economico-finanziaria e dal reparto operativo aeronavale della guardia di finanza di Palermo.Il sequestro interessa un ventaglio eterogeneo di beni: oltre quaranta immobili di pregio, un parco veicolare consistente, conti correnti bancari, partecipazioni societarie, imbarcazioni da pesca all’avanguardia e complessi aziendali che estendono la loro attività sia in Italia che in Marocco. L’azione patrimoniale è scaturita da un’approfondita analisi finanziaria che ha coinvolto un universo di 45 soggetti, persone fisiche e giuridiche, rivelando una disarmante incongruenza tra le dichiarazioni dei redditi presentate e l’effettivo incremento del patrimonio accumulato nel periodo compreso tra il 1985 e il 2022. Questa discrepanza, segnale inequivocabile di attività illecite, ha innescato un’indagine volta a svelare le dinamiche finanziarie sottostanti.Emanuele Catania, figura centrale nell’indagine, ha ricevuto una condanna definitiva per associazione mafiosa, in quanto riconosciuto membro attivo della famiglia di Cosa Nostra gelese, collegata ai fratelli Rinzivillo, figure di spicco all’interno dell’organizzazione. Dopo una prima assoluzione da parte del Tribunale di Gela, che aveva disposto la restituzione dei beni sequestrati, la Corte d’Appello di Caltanissetta ha ribaltato la sentenza, accertando la sua colpevolezza. La sentenza è stata successivamente confermata dalla Corte di Cassazione con decreto del 15 febbraio 2024, sancendo la validità delle accuse.Secondo l’accusa, il ruolo di Catania è stato cruciale nel favorire l’infiltrazione sistematica della famiglia mafiosa all’interno di attività economiche legali, utilizzate come veicolo per il riciclaggio di capitali illeciti. L’indagine ha rivelato come il settore della pesca, in particolare, fosse sottoposto al controllo pervasivo dei membri dell’organizzazione, che imponevano le loro forniture, configurando un vero e proprio monopolio distorto e illegale. Questa gestione illecita ha permesso alla mafia di condizionare pesantemente il mercato, estorcendo profitti illeciti e condizionando le dinamiche economiche locali, con ripercussioni che si estendono ben oltre il territorio gelese. Il provvedimento di sequestro rappresenta quindi un atto significativo nella lotta contro la criminalità organizzata, volto a privare la mafia di risorse finanziarie e a restituire legalità e trasparenza al tessuto economico.
Sequestro da 50 milioni al pescatore-boss Catania, infiltrazioni mafiose
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