La sfida di garantire percorsi diagnostico-terapeutici tempestivi e di alta qualità per pazienti affetti da infarto miocardico acuto con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) rappresenta un banco di prova cruciale per il sistema sanitario nazionale.
L’analisi più recente del Programma Nazionale Esiti (PNE) 2025, che valuta le performance sanitarie regionali sulla base di indicatori specifici, evidenzia una criticità significativa in Sicilia.
L’isola si posiziona al di sopra della soglia raccomandata del 60% per l’esecuzione di angioplastica coronaria percutanea transluminale (PTCA) entro un limite temporale di 90 minuti dall’arrivo del paziente in ospedale.
Questo dato, cruciale per minimizzare i danni cardiaci e migliorare la prognosi, suggerisce una potenziale inefficienza nell’organizzazione dei servizi di emergenza-urgenza e nella disponibilità di risorse specialistiche.
Parallelamente a questa problematica, il rapporto PNE 2025 focalizza l’attenzione anche su un altro indicatore di qualità assistenziale: il tasso di parti eseguiti con taglio cesareo.
In Sicilia, come in Abruzzo, Campania, Calabria e Sardegna, si registra un superamento della soglia del 25% stabilita dal Decreto Ministeriale 70/2015.
Questo dato solleva interrogativi sull’appropriatezza degli interventi chirurgici, considerando che un’eccessiva incidenza di cesarei può comportare rischi maggiori per la madre e per il neonato, oltre a implicazioni economiche per il sistema sanitario.
L’analisi del PNE non si limita a un mero confronto numerico.
Il documento esamina le performance delle strutture sanitarie, distinguendo tra aree geografiche e tipologie di centri nascita (pubblici e privati accreditati).
Si osserva una tendenza chiara: le strutture con i migliori punteggi sono prevalentemente localizzate nel Centro-Nord del paese.
Questa disparità territoriale suggerisce la necessità di trasferire buone pratiche e risorse per uniformare la qualità dell’assistenza in tutte le regioni.
Un elemento chiave dell’analisi è l’aggiustamento dei dati in base alla gravità clinica delle pazienti al momento dell’ammissione.
Questo processo permette di isolare l’impatto delle scelte assistenziali, escludendo la componente legata alla complessità del quadro clinico.
L’aggiustamento rivela che il ricorso al taglio cesareo tende ad essere inferiore nelle strutture pubbliche e in quelle ad alto volume, indicando come la dimensione del centro e la sua natura (pubblica o privata) possano influenzare le decisioni chirurgiche.
La concentrazione di competenze e risorse in strutture ad alto volume sembra favorire un approccio più conservativo e mirato alla scelta del parto vaginale, quando clinicamente possibile.
L’intero rapporto PNE 2025, quindi, rappresenta non solo un’istantanea della realtà sanitaria italiana, ma anche un punto di partenza per l’identificazione di aree di miglioramento e per la definizione di strategie volte a garantire un’assistenza più equa e di qualità superiore per tutti i cittadini.






