giovedì 14 Agosto 2025
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Gioia Mia: Infanzia, Memoria e Spiritualità in un’Estate Siciliana

“Gioia mia”, il debutto cinematografico di Margherita Spampinato, si presenta come un’immersione delicata e potente nell’esperienza dell’infanzia, un’età segnata dalla fusione tra realtà tangibile e immaginazione fervida.
Il film, in concorso alla sezione Cineasti del Presente al Festival di Locarno, non narra una favola, ma piuttosto svela la complessità nascosta dietro la semplicità apparente di un’estate siciliana.

Al centro della storia c’è Nico (Marco Fiore), un bambino catapultato in un contesto inatteso: un periodo estivo trascorso con la prozia Gela (Aurora Quattrocchi), a seguito del matrimonio della sua tata.
Questa convivenza forzata, vissuta con un senso di disagio reciproco, diventa il catalizzatore di un percorso di scoperta e di confronto tra due mondi apparentemente inconciliabili.
La prozia Gela, custode di una spiritualità profonda e di un ritmo di vita lento e contemplativo, incarna una saggezza antica, mentre Nico, permeato da una mentalità razionale e proiettata verso il futuro, rappresenta la generazione che avanza.
Spampinato, autrice, regista e montatrice, attinge a un’esperienza autobiografica per costruire un universo narrativo ricco di sfumature.
Il film si nutre di quel contrasto tra la formazione laica e pragmatica della regista, legata a un ambiente familiare politicamente impegnato, e i momenti di rifugio in Sicilia, presso le zie, dove la tradizione, la fede e la cura dei piccoli gesti quotidiani assumevano un significato profondo.

Quegli incontri, paradossalmente, non erano vissuti come un peso, ma come un’occasione di arricchimento e di scoperta di un patrimonio culturale e umano spesso trascurato.
Il vecchio condominio siciliano, con i suoi soffitti affrescati e i cortili vibranti di vita, diventa un microcosmo dove si intrecciano destini e si svelano segreti.
È un luogo dove il confine tra il mondo dei vivi e quello degli spiriti si fa labile, dove i traumi del passato trovano una via di elaborazione attraverso la memoria e la resilienza.

La figura della nonna, custode di storie e di tradizioni, emerge come un elemento chiave, portatrice di una saggezza popolare che trascende la logica razionale.
Aurora Quattrocchi, interpretando Gela, conferisce alla figura della prozia una profondità emotiva che va oltre l’apparenza di una donna conservatrice e rigida.

La scelta dell’attrice, voluto con forza dalla regista, testimonia la volontà di creare un personaggio autentico e sfaccettato, capace di incarnare la complessità dell’animo umano.
L’impegno e la dedizione di Quattrocchi, culminati in un’interpretazione intensa e commovente, sono stati fondamentali per la riuscita del film.
“Gioia mia” non è solo un racconto di formazione, ma anche un’ode alla memoria, alla resilienza e alla capacità di trovare bellezza e significato anche nei momenti più difficili.
È un invito a riscoprire il valore delle relazioni umane, a coltivare la spiritualità e a preservare le tradizioni che ci connettono al nostro passato.
È, in definitiva, una celebrazione della vita nella sua interezza, con le sue contraddizioni, le sue gioie e i suoi dolori.

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