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martedì 4 Novembre 2025

Cavallini: Revocata la Semilibertà, Trasferimento a Rebibbia

Il trasferimento di Gilberto Cavallini, 73 anni, dal carcere di Terni a quello di Rebibbia, a Roma, segna un capitolo significativo nella complessa vicenda giudiziaria legata alla strage di Bologna.
L’ex membro del gruppo neofascista Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR), condannato in via definitiva all’ergastolo per il massacro del 2 agosto 1980, vede così compromesso un privilegio precedentemente concesso: la semilibertà.

La decisione, emessa dal magistrato di sorveglianza di Spoleto e accolta a seguito della formale richiesta della Procura generale di Bologna, è il frutto di un’analisi che considera il percorso evolutivo del processo e le successive pronunce giudiziarie.
La Corte d’Assise d’Appello, in particolare, ha ridefinito la pena accessoria dell’isolamento diurno, estendendola a un totale di quattro anni, in aggiunta a quanto già comminato dalle sentenze precedenti.

Questo isolamento, ancora da scontare integralmente, rappresenta un elemento imprescindibile nel quadro della pena complessiva e, secondo il giudizio del magistrato, risulta intrinsecamente incompatibile con il regime di semilibertà.
La revoca del beneficio non è dunque un mero atto discrezionale, ma una conseguenza logica e giuridicamente giustificata del quadro sanzionatorio vigente.
La vicenda solleva interrogativi cruciali sul concetto di riabilitazione e sulla gestione dei detenuti condannati per crimini particolarmente efferati.
Se da un lato la semilibertà mira a favorire il reinserimento sociale, dall’altro la gravità del reato e l’importanza di garantire la dovuta espiazione della pena, in accordo con le aspettative della collettività e delle vittime, impongono una valutazione attenta e ponderata.

La decisione relativa a Cavallini, pertanto, si inserisce in un dibattito più ampio riguardante i confini tra giustizia riparativa e necessità di commiato con il crimine, in un contesto storico ancora segnato dal dolore e dalla ricerca di verità e giustizia per le 85 vittime della strage di Bologna.

Il trasferimento in una struttura detentiva più rigida, come Rebibbia, può interpretarsi come un tentativo di garantire maggiore sicurezza e una più rigorosa esecuzione della pena, nel rispetto delle decisioni giudiziarie e delle aspettative di un Paese che non può dimenticare.

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