Nel contesto di una crisi umanitaria acuta, con iniziative come la Sumud Flotilla impegnate a forzare il blocco di Gaza attraverso l’assistenza, una proposta radicale emerge in Italia: uno sciopero generale nazionale.
L’idea, promossa dallo storico dell’arte, saggista e rettore dell’Università per Stranieri di Siena, Tomaso Montanari, durante il Festival delle Corrispondenze a Perugia, si configura come un atto di dissenso diretto contro la violenza in corso in Palestina, denunciata come un genocidio.
L’incontro, intitolato “Gaza: un genocidio made in Italy.
Complicità, reticenze e (auto)censure nel discorso pubblico e nei media”, ha visto Montanari confrontarsi con Massimo Arcangeli, direttore artistico del festival, in un dialogo che ha acceso un dibattito cruciale.
La provocatoria affermazione di Montanari, secondo cui il genocidio in Gaza è “made in Italy”, non si limita a una semplice constatazione, ma evidenzia una responsabilità strutturale italiana.
L’Italia fornisce armamenti, software di controllo e addestramento militare che alimentano il conflitto, diventando, di fatto, complice di un crimine.
L’eco delle parole del cancelliere tedesco Friedrich Merz, che definisce Israele come strumento per eseguire “il lavoro sporco” per l’Occidente, amplifica questa riflessione inquietante.
Montanari, con chiarezza, sottolinea come un simile livello di violenza sarebbe impensabile per un popolo europeo se non fosse funzionale a interessi più ampi, di natura coloniale e geopolitica.
La guerra in Ucraina, perpetrata da un regime autocratico, viene contrapposta all’azione in corso a Gaza, dove un paese democratico come Israele agisce, apparentemente, con impunità, guidato da considerazioni economiche e strategiche che trascendono ogni principio umanitario.
L’intellettuale si interroga sulla negazione di questa realtà, definendola un atto di “negazionismo” motivato da interessi specifici e pressanti.
Il suo appello è rivolto alla coscienza collettiva, richiamando le promesse solenni fatte nei Giorni della Memoria: il “mai più” che deve tradursi in un impegno costante a preservare la memoria e a denunciare le ingiustizie.
Montanari esorta a non limitarsi a condannare i responsabili dei crimini, ma a dare voce alla Palestina, al suo popolo, alla sua cultura e alle vittime innocenti.
La memoria non è solo un atto di rispetto verso il passato, ma anche uno strumento essenziale per costruire un futuro di pace e giustizia.