Il tessuto produttivo italiano sta affrontando una sfida strutturale, delineata da una cronica carenza di competenze professionali che sta frenando la crescita e la competitività di interi settori.
La difficoltà di reperire personale qualificato non è un fenomeno isolato, ma un campanello d’allarme che risuona con particolare intensità nel Nordest, la storica fucina industriale del Paese.
L’impatto si manifesta in maniera evidente in due macro-aree: l’edilizia e il manifatturiero.
Nel primo caso, l’invecchiamento della forza lavoro e la scarsa attrattività dei mestieri tradizionali hanno creato un vuoto di competenze cruciali.
La richiesta di carpentieri, ponteggiatori, cartongessisti, pavimentatori e stuccatori supera di gran lunga l’offerta, compromettendo la realizzazione di nuovi progetti infrastrutturali e la manutenzione del patrimonio esistente.
Il settore manifatturiero, a sua volta, risente della mancanza di figure specializzate.
Le filiere del legno, con una domanda crescente di verniciatori e restauratori di mobili antichi, ma anche di figure tecniche come i filettatori attrezzisti, si trovano a competere con altri settori per attrarre talenti.
La difficoltà di reperire modellisti, confezionisti e stampatori nel tessile-abbigliamento, tagliatori, orlatori e rifinitori nel calzaturiero, tornitori, fresatori, saldatori certificati e operatori di macchine a controllo numerico computerizzato nella metalmeccanica, testimonia una problematica diffusa che incide sulla capacità produttiva e sull’innovazione.
La mappa del disagio evidenzia come il Nordest sia l’area più colpita, con Trentino A.
A.
, Friuli V.
G.
, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto a registrare i tassi di difficoltà di reperimento più elevati, superando spesso il 50%.
Questo divario territoriale riflette differenze strutturali nei sistemi formativi, nella propensione all’innovazione e nella capacità di attrarre e trattenere giovani talenti.
Al contrario, le regioni del Mezzogiorno, pur non essendo immuni al problema, mostrano una situazione leggermente più contenuta, con Sicilia, Puglia e Campania che registrano percentuali inferiori.
L’analisi provinciale rivela Pordenone come la provincia italiana più critica nel 2024, seguita da Bolzano e Trento, Gorizia e Cuneo, mentre Caserta, Salerno e Palermo mostrano una maggiore disponibilità di personale.
Nonostante le attuali difficoltà, le previsioni per il periodo tra agosto e ottobre 2025 indicano una potenziale svolta con l’annuncio di circa 1,4 milioni di nuove assunzioni.
Milano e Roma si configurano come i principali poli attrattivi, con un significativo numero di posizioni da ricoprire.
Questo segnale positivo suggerisce una ripresa dell’attività economica e una maggiore domanda di lavoro, ma solleva anche la questione della capacità del sistema formativo e delle politiche attive del lavoro di rispondere efficacemente alle nuove esigenze del mercato.
La sfida per il futuro sarà dunque quella di colmare il divario tra domanda e offerta di competenze, investendo nella formazione professionale, incentivando l’apprendistato e promuovendo l’attrattività dei settori strategici per la crescita del Paese.
Solo così sarà possibile trasformare questa potenziale opportunità in una reale occasione di sviluppo e prosperità per tutti.