L’agricoltura torinese sta affrontando una crisi senza precedenti, con danni stimati in oltre 6 milioni di euro e un potenziale impatto economico complessivo che potrebbe superare i 16 milioni, considerando le perdite nella produzione di Erbaluce.
A lanciare l’allarme è Coldiretti Torino, che descrive l’invasione della *Popilia japonica*, un coleottero originario dell’Asia, come una minaccia più grave dei dazi imposti precedentemente dall’amministrazione Trump.
La *Popilia japonica*, un parassita vorace, si è rivelata un flagello inatteso per le colture della provincia.
Dalle vigne del Canavese ai campi di mais, dai noccioleti ai frutteti che caratterizzano il territorio tra Canavese, Collina torinese, Ciriacese e l’estremità nord della provincia confinante con Vercelli, l’insetto ha lasciato un segno profondo.
Nelle zone di produzione dell’Erbaluce, un vitigno autoctono di pregio, la devastazione è particolarmente evidente: piante ridotte a scheletri, invase da una proliferazione incontrollata di coleotteri.
Le perdite quantitative sono allarmanti: si stima una diminuzione del 40% nella produzione di uva, del 25% nella coltivazione della soia, del 30% per pesche e prugne, del 25% per le nocciole e del 15% per il mais, con un impatto amplificato sulle semine tardive.
La voracità di questo insetto sta erodendo il tessuto produttivo agricolo, mettendo a rischio la sostenibilità economica di numerose aziende agricole.
Bruno Mecca Cici, presidente di Coldiretti Torino, sottolinea l’urgente necessità di interventi mirati.
Oltre a misure di risarcimento per le perdite subite, è cruciale investire in ricerca scientifica per individuare strategie di controllo biologico e metodologie innovative per contrastare la diffusione della *Popilia japonica*.
L’auspicio è che la Regione Piemonte intensifichi il sostegno finanziario a studi specifici, fornendo agli agricoltori strumenti efficaci per arginare l’emergenza.
L’arrivo della *Popilia japonica*, probabilmente introdotta attraverso carichi di vegetazione provenienti dall’Asia, è stato osservato per la prima volta nel 2014 lungo il fiume Ticino.
Il cambiamento climatico ha favorito la sua adattamento alla Pianura Padana, creando condizioni ideali per la sua proliferazione e stabilimento di vaste colonie.
La mancanza di contromisure tempestive ha permesso all’insetto di raggiungere livelli di infestazione allarmanti, minacciando il futuro delle produzioni agricole del Torinese.
Se non si interviene con decisione, il prossimo anno potrebbe assistere a un crollo generalizzato del settore primario, con conseguenze socio-economiche di vasta portata.
L’adattabilità e la rapida riproduzione del parassita richiedono un approccio integrato che combini ricerca, prevenzione e interventi mirati, per proteggere il patrimonio agricolo e la vitalità economica del territorio.