Polemiche sulla classificazione dei soggetti a rischio: esperti criticano la semplificazione pericolosa.

Date:

23 agosto 2024 – 01:45

L’attuale situazione di emergenza sanitaria globale, recentemente dichiarata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha colpito duramente il Congo con una spaventosa mietitura di vittime. Il rischio di contagio è elevato e la domanda su chi sia effettivamente più esposto a contrarre l’infezione è al centro del dibattito. Il Regione Piemonte, attraverso la sua sezione sanità pubblica, ha sollevato polemiche puntando il dito verso la comunità gay, presentando un elenco che evoca epoche passate e sensibilità diverse. Tuttavia, emerge un errore nella classificazione dei soggetti a rischio. In passato, la prima categoria a rischio comprendeva il personale di laboratorio esposto direttamente agli orthopoxvirus, mentre la seconda riga indicava le persone gay, transgender, bisessuali e uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini rientranti in determinati criteri di esposizione al virus.Il professor Giovanni Di Perri, illustre direttore del Dipartimento regionale malattie ed emergenze infettive (Dirmei), critica pesantemente tale classificazione dei soggetti a rischio proposta dalla Direzione della sanità pubblica piemontese. Egli sottolinea che l’atto sessuale in sé non rappresenta l’unica discriminante per il contagio; infatti, lo scambio di fluidi corporei come saliva, sudore o lesioni può veicolare il virus. Un esempio calzante è quello dei giocatori di rugby che si abbracciano nei camerini dopo una partita: non vi è attività sessuale ma avviene uno scambio di umori corporali.Tuttavia, secondo Di Perri i giocatori non sono necessariamente a rischio diretto di contagio tra loro. Le statistiche dimostrano che convivere con una persona affetta da tale virus comporta un bassissimo rischio di contagio, inferiore al 9%. È importante sottolineare che il vaiolo delle scimmie non può essere equiparato all’HIV: sebbene il sesso possa rappresentare un fattore di trasmissione, non costituisce l’unico mezzo. Pertanto, stilare elenchi categorici dei soggetti a rischio appare come una semplificazione pericolosa e poco accurata agli occhi degli esperti.Inoltre, diversamente dall’epidemia precedente che coinvolgeva principalmente uomini adulti, l’attuale diffusione del virus interessa anche bambini piccoli e donne. Questo scenario complesso richiede un approccio olistico alla questione del contagio e della prevenzione delle malattie infettive per garantire la salute pubblica in modo efficace ed equilibrato.

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