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domenica 26 Ottobre 2025

Auschwitz: Parole che feriscono, un campanello d’allarme.

La recente ondata di indignazione suscitata dalle dichiarazioni della ministra Roccella in merito ai viaggi d’istruzione ad Auschwitz non è solo un’espressione di sdegno, ma un campanello d’allarme che risuona con eco profonda nel tessuto della nostra coscienza collettiva.
Come ha acutamente evidenziato Angelo Chiorazzo, vicepresidente del Consiglio regionale lucano, tali parole rappresentano una profonda inadeguatezza, un’offesa alla memoria delle vittime e un affronto al lavoro incessante di educatori e dirigenti scolastici che, con dedizione e sensibilità, guidano generazioni di studenti in un pellegrinaggio di conoscenza e riflessione.
Il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau non è un mero luogo storico; è un monumento vivente, un palcoscenico silenzioso dove la Shoah si materializza con una concretezza che travolge.
È un luogo che scuote dalle fondamenta, costringendo alla riflessione più intima sulla natura umana, sulla capacità di abbracciare l’odio e di trasformarlo in una macchina di annientamento.
La testimonianza della senatrice Liliana Segre, portatrice di un dolore e di una saggezza profondi, ha incarnato il sentimento di sconcerto e di condanna diffuso tra coloro che, come lei, hanno avuto il coraggio di attraversare quel luogo dell’orrore, confrontandosi con l’abisso del male assoluto.

Visitare Auschwitz significa immergersi in un buco nero dell’esistenza, dove l’ideologia suprematista, alimentata dal razzismo antisemita e dalla follia politica, ha portato a una sistematica e spietata persecuzione.
È un confronto con la perdita dell’innocenza, con la negazione della dignità umana, con la distruzione di un intero popolo.
Le emozioni che si provano in quei luoghi sono intense, dolorose, indimenticabili; un senso di profonda vergogna si mescola alla consapevolezza di un passato che non può essere dimenticato, per evitare che si ripeta.

L’obiezione di Chiorazzo, che sottolinea come i giovani non si interroghino su ipotetiche “nostalgie” politiche, ma aspirino a costruire un mondo più giusto e umano, è cruciale.
I ragazzi di oggi cercano risposte alla complessità del presente, desiderano comprendere le radici della disuguaglianza, dell’intolleranza e della violenza.

Un’educazione alla memoria, condotta con rigore e sensibilità, è fondamentale per formare cittadini consapevoli, capaci di difendere i valori della democrazia e della convivenza pacifica.

L’ironia amara risiede nel fatto che una ministra incaricata di promuovere la famiglia e la parità di opportunità abbia, con le sue parole, sminuito un percorso educativo che mira proprio a formare individui responsabili e a sensibilizzare sulle tematiche della giustizia sociale.
La sua retorica, in contrasto con i principi che dovrebbe incarnare, denota una profonda disconnessione dalla realtà e una pericolosa superficialità.
L’appello alle sue dimissioni, quindi, non è un gesto di ostilità, ma un imperativo morale, un atto di rispetto nei confronti della memoria delle vittime e delle istituzioni democratiche.
È un invito a una riflessione più ampia sulla necessità di un’educazione alla memoria solida e inattaccabile, capace di resistere alle distrazioni del presente e alle sirene del revisionismo.

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