Saveriano Infantino, un nome scolpito nel panorama del calcio dilettantistico italiano, incarna un paradosso affascinante: l’età anagrafica che si discosta dall’efficacia sul campo.
Trentanove anni, un traguardo celebrato di recente, ma con una reattività e un fiuto del gol che rimandano a un’epoca passata, a quando la passione per il rettangolo verde era una promessa incandescente.
La sua performance recente, un poker siglato contro l’Unipomezia, ha non solo garantito tre punti vitali per il Notaresco, ma ha anche acceso di nuovo i riflettori su una carriera costellata di gol e di dedizione.
L’ascesa in vetta alla classifica marcatori della Serie D, consolidata dopo una tripletta d’esordio, non è frutto del caso, ma il risultato di una tenacia e un’attenzione ai dettagli che trascendono la semplice abilità atletica.
Infantino non è solo un marcatore prolifico; è un interprete di un calcio che valorizza l’esperienza, la visione di gioco e la capacità di leggere le dinamiche di una partita.
“Segnare quattro gol è un traguardo inaspettato, un regalo che mi sono fatto”, confessa con un sorriso, consapevole del valore di un’impresa che lo colloca in una dimensione quasi leggendaria.
Ma al di là dell’esultanza immediata, emerge una riflessione più profonda sul significato del suo percorso.
La longevità di una carriera, in un ambiente spesso dominato dalla velocità e dalla transitorietà, è il risultato di un investimento costante su se stessi.
L’impegno in palestra, l’alimentazione controllata sotto la guida di professionisti, l’affinamento degli allenamenti: ogni elemento contribuisce a preservare un livello di performance che moltiplica le speranze del Notaresco.
“Mi sento in gran forma, il calcio è la mia vita,” ribadisce con passione, rivelando una connessione emotiva profonda con il gioco.
La sua storia calcistica è un mosaico di esperienze significative, un viaggio che ha attraversato diverse regioni e squadre: Barletta, L’Aquila, Torres, Ischia, Carrarese, Catanzaro, Teramo e Taranto.
Ogni maglia indossata ha lasciato un segno, contribuendo a forgiare un attaccante completo e un uomo maturo.
Nonostante i successi e le opportunità incontrate, il legame con le proprie radici rimane imprescindibile.
Il ricordo del Matera, però, è intriso di amarezza, a causa di una dolorosa interruzione che ha privato la comunità lucana di un progetto sportivo promettente.
“È stata una grande ingiustizia”, ammette con rammarico, auspicando un futuro più roseo per i colori biancoazzurri.
La sua speranza è che il Matera possa ritrovare la strada giusta, ripartendo da basi solide e costruendo un futuro di gloria.
La passione per il calcio, per lui, è molto più di un semplice sport: è un’eredità, un valore formativo, un legame indissolubile con la sua terra e con le persone che l’hanno cresciuto.
E finché il campo continuerà a regalargli emozioni, l’idea di appendere le scarpe al chiodo rimarrà un sogno lontano.