La recente divulgazione di un accordo tra il gruppo Leonardo e lo Stato Maggiore della Marina Militare israeliana solleva interrogativi profondi sulla partecipazione italiana al conflitto israelo-palestinese e sulla sua implicita complicità in azioni militari contro Gaza.
L’accordo prevede la fornitura di cannoni per nuove corvette israeliane, armate con il sistema Super Rapido da 76mm prodotto negli stabilimenti della Spezia, un’arma già in uso nelle corvette Sa’ar 6, coinvolte in operazioni militari contro infrastrutture cruciali come il porto di Gaza in seguito agli eventi del 7 ottobre 2023.
Questa rivelazione, inizialmente trapelata su pubblicazioni specializzate, evidenzia una realtà scomoda: il legame industriale e militare tra l’Italia e Israele, che va ben oltre le dichiarazioni di neutralità o le espressioni di preoccupazione formale.
Il coinvolgimento di Leonardo, un’azienda di primaria importanza nel settore della difesa italiano, pone la questione della responsabilità delle imprese nel contesto geopolitico e delle implicazioni etiche della produzione e della vendita di armamenti destinati a zone di conflitto.
L’azione di Antonio Mazzeo, attivista pacifista e figura di spicco nell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, nel portare alla luce questa informazione attraverso i social media, ha innescato un dibattito urgente e necessario.
La Global Sumud Flotilla e le proteste che ne sono seguite hanno rappresentato un atto di resistenza simbolica contro la militarizzazione del Mediterraneo e contro la politica di sostegno a Israele da parte del governo Meloni.
La reazione del governo, con la polemica generata nei confronti delle iniziative di protesta, suggerisce una volontà di silenziare le voci dissenzienti e di proteggere gli interessi strategici in gioco.
L’accordo Leonardo-Israele non è un evento isolato, ma si inserisce in un quadro più ampio di cooperazione militare che, secondo Rifondazione Comunista, configura una complicità attiva nel genocidio e nell’occupazione illegale dei territori palestinesi.
Questo accordo, insieme ad altri, alimenta un ciclo di violenza e perpetua una situazione di profonda ingiustizia.
L’ingerenza politica, il legame ideologico tra il governo italiano e l’amministrazione Netanyahu, e la priorità data agli interessi economici e strategici, oscurano la necessità di un’azione diplomatica costruttiva e di un rispetto del diritto internazionale.
Rifondazione Comunista, con forza, chiede un cambio di rotta immediato: la sospensione di ogni fornitura di armi a Israele, l’interruzione dell’accordo di cooperazione militare e un’azione diplomatica volta a promuovere una soluzione pacifica e duratura del conflitto israelo-palestinese, che rispetti i diritti fondamentali del popolo palestinese.
La necessità di manifestazioni di supporto al popolo palestinese rimane imperativa fino a quando l’occupazione non sarà cessata e la complicità del governo italiano con le violazioni del diritto internazionale non sarà posta fine.
La questione non è solo umanitaria, ma anche di rispetto dei principi fondamentali della giustizia e della legalità internazionale.






