Il vuoto lasciato da un padre non si riempie con beni materiali, ma con la risonanza di un’intelligenza acuta, con la capacità di districare la complessità del reale con un’ironia tagliente e una lucidità disarmante.
Anna Negri, regista del toccante documentario ‘Toni mio padre’, evoca così la mancanza di suo padre, un uomo segnato da un’epoca turbolenta e da un destino politico ineludibile.
Il film, presentato al Festival di Venezia e ora nelle sale, non è una semplice biografia, ma un’esplorazione intima del rapporto tra una figlia e un padre, un uomo prosciolto dalle accuse di essere il “capo occulto del terrorismo italiano”, un’etichetta che ha gettato un’ombra lunga sulla sua esistenza e su quella della figlia.
Toni Negri, figura complessa e controversa, emerge da questa narrazione come un intellettuale radicale, un uomo idealista e profondamente deluso dalle dinamiche del potere e dalla condizione umana.
Il documentario si sviluppa attorno a un confronto diretto tra Anna e Toni, un percorso a sei mesi dalla morte di quest’ultimo, un tentativo disperato di colmare un abisso temporale e affettivo.
Anna, cresciuta lontano dal padre, tormentata dall’assenza e dai suoi effetti su una vita inevitabilmente segnata, si impegna in un difficile esercizio di riconciliazione, un tentativo di comprendere il padre oltre le accuse, oltre le scelte politiche radicali, oltre l’ombra della latitanza e della prigione.
La decisione di realizzare il film non fu una scelta casuale, ma un impulso dettato dall’urgenza di elaborare un lutto complesso, di dare voce a sentimenti repressi, di confrontarsi con un uomo sull’orlo della fine.
La regista ammette di aver sentito il peso di un rimpianto imminente, la consapevolezza di non poter rimandare un confronto che poteva cambiare per sempre il loro rapporto.
La visione dei materiali girati ha suscitato in Anna riflessioni profonde, un desiderio di essere meno rigida nel giudizio paterno, riconoscendo il ruolo cruciale che la figura paterna ha assunto nel processo creativo e nell’accettazione del progetto.
Il riscontro positivo di Toni, la sua gratitudine per la fiducia accordatagli, confermano il valore del film come ponte tra due mondi, tra due generazioni.
Anna immagina come suo padre avrebbe commentato gli eventi del presente, l’atroce conflitto israelo-palestinese, le ingiustizie che continuano ad affliggere il mondo.
Un uomo tormentato, ma mai privo di speranza, convinto della possibilità di un futuro migliore, una fede nella bontà intrinseca dell’umanità, nonostante le sue debolezze e i suoi errori.
‘Toni mio padre’ si rivela un’opera di straordinaria profondità, che trascende la dimensione autobiografica per abbracciare una riflessione universale sulla storia, sulla memoria, sulla condizione umana.
È un romanzo familiare, inteso non come una saga edulcorata, ma come un’analisi spietata delle dinamiche che plasmano le nostre esistenze, delle scelte che ci definiscono, delle responsabilità che ci accomunano.
Anna Negri, con uno sguardo acuto e un’abilità narrativa raffinata, si immerge nel cuore di questa storia, creando un’opera che oscilla tra il documentario e la finzione, un teatro della vita in cui personaggi veri improvvisano dialoghi autentici, rivelando fragilità, paure, speranze.
Un documento umano, un’indagine sulla complessità del rapporto padre-figlia, un’occasione per comprendere un uomo, un’epoca, noi stessi.
Il film, nato dalla collaborazione con Stefano Savona e sostenuto da diverse case di produzione, si propone come un’opera imprescindibile per chiunque sia interessato a comprendere la storia italiana e le sue ferite ancora aperte.






