Nel cuore del quartiere Monte Stella, a Milano, un’operazione mirata dell’unità investigativa della Polizia Locale ha portato alla luce una rete di traffico di stupefacenti, interrompendone un flusso potenzialmente significativo.
Il sequestro di oltre un chilo di cocaina e l’arresto di due cittadini peruviani getta luce su dinamiche complesse di organizzazione criminale transnazionale e vulnerabilità sociale.
L’attenzione delle forze dell’ordine era stata focalizzata su un appartamento abitato da una donna transessuale di origine peruviana, di 39 anni.
Anormali movimentazioni, percepite come elementi di potenziale rilevanza investigativa, avevano giustificato un’attività di osservazione discreta.
La successiva perquisizione ha rivelato un sofisticato sistema di occultamento e confezionamento della droga.
Oltre al quantitativo principale di un chilo e 45 grammi, confezionato sottovuoto per preservarne la purezza e facilitarne il trasporto, sono stati rinvenuti ulteriori residui di cocaina, per un peso totale di circa 7,47 grammi, accuratamente suddivisi in piccole dosi.
La presenza di un bilancino di precisione, strumento essenziale per la pesatura e il confezionamento della droga, conferma l’organizzazione del sistema di spaccio.
Elementi particolarmente significativi emersi dalla perquisizione sono le agende rinvenute, ricche di annotazioni contenenti nomi e cifre, che potrebbero rivelare l’identità di altri membri della rete e le modalità operative.
La parrucca rossa e i tre telefoni cellulari, tutti con immagini della donna transessuale, suggeriscono un tentativo di eludere i controlli e di diversificare l’identità per rendere più difficile il riconoscimento.
L’arresto del secondo individuo, fratello della proprietaria dell’appartamento e giunto da poco in Italia via Firenze, aggiunge una dimensione ulteriore alla vicenda.
L’uomo, privo di fissa dimora, ha confessato di essere stato contattato in Perù e costretto a trasportare il pacco contenente la cocaina, sotto la minaccia di ritorsioni nei confronti della sua famiglia.
Questa confessione sottolinea la vulnerabilità di individui sfruttati e manipolati da organizzazioni criminali, spesso a causa di debiti o di legami familiari.
La coercizione, la paura e l’estorsione rappresentano strumenti utilizzati per reclutare e controllare individui, spesso emarginati e privi di alternative.
L’operazione solleva interrogativi complessi sulle dinamiche del traffico di droga, sull’interazione tra criminalità organizzata e comunità vulnerabili, e sulla necessità di un approccio multidisciplinare che combini azioni repressive con politiche di inclusione sociale e supporto alle vittime.
L’indagine è tuttora in corso, con l’obiettivo di identificare tutti i responsabili e di ricostruire la filiera del traffico, al fine di smantellare la rete criminale e proteggere la sicurezza della comunità.



