Nel corso di un controllo di routine ai margini dell’area urbana di Pavia, una pattuglia di polizia ha tentato di fermare un veicolo che destava sospetto.
L’automobilista, un giovane di ventitré anni cittadino marocchino, ha ignorato l’alt e ha immediatamente accelerato, dando il via a un inseguimento ad alta velocità.
La fuga, precipitosa e irresponsabile, si è conclusa in una rovinosa perdita di controllo.
L’auto, sbandando improvvisamente, è finita fuori strada, impattando violentemente in prossimità del cimitero di San Martino Siccomario.
Nonostante l’impatto e i danni al veicolo, il giovane, apparentemente determinato a eludere la giustizia, ha abbandonato l’auto e si è dato alla corsa a piedi.
L’inseguimento pedonale è stato breve.
I poliziotti, perseveranti, hanno rapidamente raggiunto e immobilizzato il fuggitivo.
Al momento dell’arresto, una perquisizione ha rivelato in suo possesso una quantità significativa di sostanze stupefacenti: ben settanta dosi di cocaina, elemento che suggerisce un’organizzazione e una finalità di distribuzione illecita, piuttosto che un consumo personale.
Le accuse formulate a suo carico sono duplici: detenzione illegale di sostanze stupefacenti, aggravata dall’intento di spaccio, e resistenza a pubblico ufficiale, comportamento che testimonia una volontà di ostacolare l’esercizio delle funzioni di polizia.
L’episodio solleva interrogativi non solo sulla pericolosità delle azioni compiute, mettendo a rischio l’incolumità del giovane stesso e di terzi, ma anche sulle dinamiche che lo hanno portato a compiere scelte così drastiche, richiamando l’attenzione sulla necessità di strategie di prevenzione e di reinserimento sociale, parallelamente all’applicazione delle misure repressive previste dalla legge.
L’incidente, inoltre, pone l’accento sulla crescente pressione esercitata dalle organizzazioni criminali nel reclutamento di giovani, spinti dalla marginalità e da false promesse di guadagno facile.



