La discussione sulla lavorazione del latte crudo e la produzione dei formaggi che ne derivano trascende una semplice questione di sicurezza alimentare, configurandosi come un nodo cruciale nell’equilibrio tra tradizione, innovazione e tutela del patrimonio culturale ed economico italiano.
Proibirne la lavorazione significherebbe imporre una cesura arbitraria in un processo millenario, paragonabile, come suggerisce Duccio Cavalieri, a vietare l’utilizzo di mezzi di trasporto a causa del rischio di incidenti.
La soluzione non risiede nell’eliminazione, ma in una gestione consapevole e tecnologicamente avanzata.
Il latte crudo, infatti, non è intrinsecamente pericoloso.
La sua complessità microbiologica, spesso demonizzata, rappresenta in realtà un ecosistema dinamico, espressione della biodiversità del territorio, dell’allevamento e della dieta dell’animale.
Questa ricchezza microbica contribuisce in maniera significativa al sapore, alla digeribilità e alle proprietà nutrizionali uniche dei formaggi artigianali, elementi distintivi del nostro patrimonio gastronomico.
L’incidenza di intossicazioni da *Escherichia coli* Stec, o altri patogeni, purtroppo non è azzerabile in alcun settore alimentare, inclusi quelli che prevedono trattamenti termici.
L’approccio più efficace non è la proibizione, bensì un investimento mirato nella ricerca scientifica.
Questo implica l’applicazione di tecniche di genomica avanzata per tracciare l’origine e l’evoluzione dei microrganismi lungo l’intera filiera, permettendo una risposta rapida e precisa in caso di emergenze.
Giampaolo Gaiarin, richiamandosi alla filosofia di Slow Food, sottolinea come ogni singolo episodio di contaminazione, seppur raro, debba essere oggetto di indagine approfondita e di misure correttive immediate.
Non si tratta di una questione di colpevolizzazione del settore caseario, ma di responsabilità condivisa e di miglioramento continuo.
L’attenzione non deve concentrarsi solo sulla presenza di patogeni, ma anche sulla comprensione dei fattori ambientali e di allevamento che possono influenzare la qualità del latte.
Le pratiche agricole sostenibili, la valorizzazione delle razze autoctone, la gestione del pascolo e la cura del benessere animale sono elementi imprescindibili per garantire la sicurezza e la qualità del latte crudo.
Questi fattori, infatti, contribuiscono a creare un ecosistema equilibrato che favorisce la produzione di latte sano e sicuro.
Slow Food, attraverso iniziative di formazione, comunicazione e ricerca, si impegna a promuovere un approccio olistico che tenga conto di tutti gli aspetti della filiera casearia.
La trasmissione del sapere tradizionale, unita all’innovazione tecnologica e a una corretta informazione ai consumatori, rappresenta la chiave per preservare un patrimonio culturale ed economico unico, sostenendo al contempo le comunità rurali che ne fanno parte.
L’impegno per raggiungere e informare un vasto pubblico, come testimonia la presenza a Cheese, evidenzia la consapevolezza dell’importanza di un dialogo aperto e trasparente con i consumatori.






