La recente sentenza del Tribunale Civile di Asti apre un capitolo delicato e di notevole impatto nel panorama giuridico italiano, ridefinendo i confini della responsabilità statale in relazione alle vaccinazioni obbligatorie e, in particolare, al caso di una donna di 52 anni residente ad Alba (Cuneo).
Il giudice ha stabilito, in via di prime cure, un nesso causale inconfutabile tra la somministrazione del vaccino anti-Covid e l’insorgenza di un grave danno neurologico, con conseguente invalidità che preclude alla donna la capacità di deambulare autonomamente.
Il caso, seguito con attenzione dagli avvocati Renato Ambrosio, Stefano Bertone, Chiara Ghibaudo e Stefania Gianfredda dello studio Ambrosio e Commodo di Torino, rappresenta un precedente di fondamentale importanza.
La donna, titolare di una tabaccheria, aveva precedentemente presentato un’istanza di indennizzo al Ministero della Salute, la quale era stata rigettata in sede amministrativa.
La decisione del Tribunale, quindi, annulla tale precedente rifiuto e obbliga l’amministrazione sanitaria a riconoscere la connessione causale tra l’intervento vaccinale e la compromissione della salute della cittadina.
Questa sentenza va al di là della semplice compensazione economica; solleva questioni di profondo significato giuridico e scientifico.
Implica una revisione dei meccanismi di accertamento del nesso di causalità nelle controversie relative alle vaccinazioni, introducendo un approccio che, pur mantenendo la complessità delle valutazioni mediche, sembra privilegiare l’esperienza diretta del paziente e l’impatto devastante del danno subito.
Il riconoscimento del nesso causale da parte del giudice non costituisce una dichiarazione di colpa da parte dell’amministrazione, ma piuttosto una constatazione che l’evento avverso, pur non prevedibile o evitabile con le attuali conoscenze scientifiche, si è verificato in seguito alla somministrazione del vaccino.
Questo implica che l’amministrazione, in quanto garante della salute pubblica, ha l’obbligo di fornire un’adeguata assistenza e risarcimento alla persona danneggiata.
La decisione astigiana apre un dibattito cruciale sull’equilibrio tra l’interesse collettivo alla vaccinazione di massa e la tutela dei diritti individuali, in particolare in presenza di eventi avversi rari ma gravissimi.
Si tratta di un momento di riflessione che potrebbe portare a una revisione dei protocolli vaccinali, a un miglioramento dei sistemi di monitoraggio degli effetti collaterali e a una maggiore trasparenza nell’informazione fornita ai cittadini prima della vaccinazione.
La sentenza, se confermata in appello, potrebbe innescare un’ondata di richieste di risarcimento da parte di altre persone che lamentano danni neurologici in seguito alla vaccinazione anti-Covid, richiedendo un’analisi caso per caso, con l’ausilio di perizie mediche approfondite e una valutazione attenta delle circostanze specifiche.
Il caso solleva interrogativi fondamentali sull’interpretazione della legge, sul ruolo della scienza e sulla responsabilità dello Stato di fronte ai rischi connessi alle politiche sanitarie pubbliche.








