Il processo per la tragedia della funivia di Mottarone, evento che il 23 maggio 2021 ha strappato la vita a quattordici persone, ha assunto una nuova, delicata fase con la richiesta di patteggiamento presentata da Luigi Nerini, amministratore delegato delle Ferrovie del Mottarone.
La proposta, che prevede una pena di tre anni e dieci mesi, segna un punto di svolta in un’istruttoria giudiziaria complessa, segnata da accuse gravissime e da un profondo cordoglio che ha investito l’intera comunità.
Parallelamente alla richiesta di Nerini, anche Enrico Perocchio, direttore d’esercizio, e Gabriele Tadini, capo servizio dell’impianto, hanno formulato proposte di patteggiamento, con pene rispettivamente di tre anni e undici mesi e di quattro anni e cinque mesi.
Queste richieste di accomodamento giudiziario, che implicano una rinuncia a ulteriori gradi di giudizio, rappresentano una scelta strategica volta a velocizzare il processo e a garantire una certa certezza della pena, ma sollevano interrogativi sulla responsabilità e la percezione della gravità dei fatti.
La decisione finale spettra al giudice unico, il dottor Gianni Macchioni, del tribunale di Verbania, il cui pronunciamento, atteso per la giornata corrente, determinerà il futuro giudiziario dei principali imputati.
In particolare, il Gup dovrà valutare attentamente le richieste di patteggiamento alla luce delle complesse dinamiche tecniche e gestionali che hanno portato al crollo della cabina.
Contrariamente alle richieste degli altri imputati, la Procura ha espressamente richiesto il proscioglimento di Martin Leitner, consigliere delegato della società Leitner Group, e di Peter Rabanser, responsabile del Customer Service.
La richiesta di assoluzione sottolinea la percezione dell’accusa che le responsabilità relative a questi due figure non siano sufficientemente provate per sostenere una condanna.
L’incidente, derivante dalla rottura di un cavo portante e dall’inadeguata gestione della situazione di emergenza, ha rivelato una serie di carenze in termini di manutenzione, controlli e procedure di sicurezza, ponendo interrogativi profondi sul sistema di gestione dell’impianto e sulla supervisione da parte degli organi di controllo.
La tragedia ha scosso non solo il territorio, ma l’intero Paese, generando un acceso dibattito sulla sicurezza degli impianti a fune e sulla necessità di rafforzare le misure di prevenzione e di controllo per evitare che simili eventi si ripetano.
La decisione del giudice Macchioni avrà un impatto significativo sulla percezione della giustizia da parte delle famiglie delle vittime e dell’intera opinione pubblica, contribuendo a delineare le responsabilità e a definire il futuro legale di un caso che ha segnato profondamente la storia del Piemonte e dell’Italia.
Il processo, pur nella sua fase di accomodamento, rimane un monito imprescindibile per garantire la sicurezza e la tutela della vita umana.







