Ricoveri e decessi per Covid-19: il mistero degli ultranovantenni

Il mistero che circonda l’andamento dei ricoveri e dei decessi per Covid-19 nelle persone di oltre 90 anni è avvolto da dati sorprendenti. Secondo quanto riportato nel monitoraggio settimanale dell’Istituto Superiore di Sanità e del ministero della Salute, più dell’80% dei deceduti ha superato i 90 anni, mentre nelle terapie intensive non si registrano quasi pazienti di quell’età. I tassi di ricovero e mortalità sono particolarmente elevati tra gli anziani, con un picco di 116 casi per un milione di abitanti oltre i 90 anni. Tuttavia, il tasso di ricovero in terapia intensiva è stato di soli 1 caso per un milione di abitanti dal primo luglio, segnando un aumento rispetto ai mesi precedenti in cui era pari a zero.È interessante notare come i pazienti ultranovantenni ricoverati nei reparti ordinari siano aumentati significativamente nel corso delle settimane, passando da 13 casi per un milione di abitanti a 110 e poi a 173 prima di scendere nuovamente. Il virologo Francesco Broccolo sottolinea che molti pazienti anziani non presentano sintomi gravi che giustificherebbero il ricovero in terapia intensiva, poiché la malattia si manifesta spesso in forme lievi o moderate senza compromettere i parametri vitali.Broccolo suggerisce l’utilizzo di test basati su biomarcatori specifici per Covid-19, come il suPar, per identificare precocemente i pazienti a rischio di complicazioni gravi. Questa strategia potrebbe migliorare la gestione clinica riducendo ulteriormente la mortalità tra le fasce più vulnerabili della popolazione anziana. È quindi fondamentale approfondire la ricerca su questi biomarcatori e implementarli nella pratica clinica per garantire una migliore prognosi ai pazienti affetti da Covid-19.