Il regista Pupi Avati, recentemente insignito del titolo di Laurea Magistrale Honoris Causa in Italianistica per la sua eccezionale contribuzione alla divulgazione dell’opera di Dante, si racconta in un’intervista all’ANSA. Avati rivela il profondo debito che ha nei confronti del sommo poeta e di Benedetto Croce, da cui ha tratto insegnamenti preziosi. Attraverso il loro esempio, ha imparato che l’immersione nella cultura e nella bellezza è una via per superare le avversità della vita.Avati sottolinea come Dante stesso abbia vissuto tragedie personali e dolori profondi, trovando nel sapere e nell’arte un rifugio e una salvezza. Il regista riflette sulle vicende tormentate del poeta fiorentino, dalla perdita dei genitori all’amore non corrisposto per Beatrice, fino alla creazione della Divina Commedia in condizioni estreme di paura e precarietà.Parlando del suo ultimo film “L’orto americano”, Avati lo definisce un thriller gotico che segna una svolta nella sua carriera cinematografica. Girato in bianco e nero, questo lavoro rappresenta per lui un nuovo inizio artistico, un’esplorazione della propria identità attraverso la pellicola. Con oltre cinquanta film alle spalle, il regista si scopre ancora capace di sorprendersi e reinventarsi con ogni nuova opera.In conclusione, l’influenza di Dante sulla vita e sull’arte di Pupi Avati si manifesta come un legame indissolubile tra passato e presente, tra tradizione e innovazione. La ricerca della bellezza come antidoto al male e alla sofferenza rimane il filo conduttore che guida il suo percorso creativo, ispirato dalle figure immortali degli angeli custodi letterari: Dante Alighieri, Benedetto Croce e Giovanni Pascoli.
Riflessioni di Pupi Avati sull’influenza di Dante nella sua vita e carriera cinematografica
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