02 agosto 2024 – 02:20
La notte era ormai avanzata quando, alle 22 in punto, la radio della polizia penitenziaria riecheggiava frasi in arabo nel Carcere minorile Ferrante Aporti di Torino. La rivolta, che aveva preso avvio poco dopo le 20 e si protrasse per più di due ore, aveva trasformato l’istituto in un inferno. Incendi divampavano nelle celle, negli uffici e nei corridoi, mentre gli agenti venivano presi a pugni dai detenuti ribelli. Una delle radio della polizia era stata catturata dai giovani prigionieri, mettendo a rischio le comunicazioni interne. La situazione era critica: una cinquantina di detenuti aveva preso il controllo quasi totale del carcere.La polizia circondava le mura dall’esterno, con la consapevolezza che i detenuti potessero tentare una fuga disperata da qualsiasi varco disponibile. Le volanti lampeggiavano lungo il viale Unione Sovietica, segnalando l’arrivo imponente delle forze dell’ordine per sedare la rivolta che ancora non mostrava segni di placarsi. Il fumo si alzava dalle finestre infrante, mentre il timore di una possibile evasione collettiva cresceva sempre più.Notizie agghiaccianti giungevano dall’interno del carcere: gli uffici erano stati saccheggiati e devastati, compresa la cosiddetta Sala Regia con i monitor delle telecamere di sorveglianza ridotti in pezzi. Gerardo Romano del sindacato Osapp si presentò furibondo davanti al Ferrante Aporti denunciando l’abbandono totale della politica nei confronti del sistema carcerario.Mentre le forze dell’ordine aspettavano rinforzi per ristabilire la sicurezza all’interno del Ferrante Aporti, giungevano notizie di un’altra rivolta in corso al Lorusso e Cutugno, un altro istituto penitenziario torinese. Anche lì il fuoco divorava materassi e suppellettili, alimentando un clima di tensione diffusa.Con l’avvicinarsi dell’alba al Carcere minorile Ferrante Aporti la situazione sembrava finalmente calmarsi: i 52 detenuti erano stati localizzati e radunati nella palestra dell’istituto mentre il panorama dei danneggiamenti all’interno del carcere appariva desolante.