Due anni.
Un arco temporale che si frantuma in una sequenza infinita di giorni, notti, speranze spezzate e angosce laceranti.
In occasione del secondo anniversario del 7 ottobre 2023, il quartiere ebraico di Roma ha ospitato “Una luce per gli ostaggi”, un evento non solo commemorativo, ma soprattutto un grido disperato, un appello all’umanità ferita dall’indifferenza globale.
L’iniziativa, promossa con forza dalla Rappresentanza Italiana del Forum delle Famiglie degli Ostaggi, dall’Unione Giovani Ebrei d’Italia, da Run for Their Lives – Roma, dall’Associazione Setteottobre e sotto l’egida dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, ha visto riunirsi trecentocinquanta persone, un piccolo ma significativo baluardo contro l’oblio.
L’evento non si è limitato a una semplice commemorazione; è stato un momento di condivisione profonda, un abbraccio collettivo per le famiglie che vivono nel limbo di un’attesa straziante.
Il richiamo “Nachziru otam habaita achshav” – “Riportiamoli a casa oggi” – ha risuonato come una preghiera, una richiesta urgente a un mondo che sembra aver voltato lo sguardo.
La testimonianza di Benedetto Sacerdoti, portavoce italiano del Forum delle Famiglie degli Ostaggi, ha tagliato l’aria come una lama affilata, denunciando la premeditata cecità che avvolge la comunità internazionale.
Le immagini crude e terribili diffuse da Hamas, documentanti le condizioni disumane a cui sono sottoposti gli ostaggi – l’impossibilità di movimento, la fame, il lavoro forzato, la degradazione fisica e psicologica – non sono riuscite a scuotere la coscienza globale.
Questi uomini, strappati alle loro vite, ridotti a reliquie umane confinate in una rete di tunnel, incarnano l’orrore della barbarie e la fragilità dell’esistenza.
Le famiglie degli ostaggi, sospese in un equilibrio precario tra la speranza di un ritorno e il terrore di una notizia devastante, vivono un lutto perpetuo, una sofferenza amplificata dall’incertezza e dall’isolamento.
Ogni giorno è un supplizio, ogni notte un incubo.
La loro resilienza, la loro capacità di aggrapparsi alla speranza di fronte alla disperazione, è un atto di coraggio straordinario, un monito alla nostra stessa umanità.
L’intervento di Luca Spizzichino, presidente dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia, ha elevato il messaggio a un appello all’azione, un imperativo morale per le nuove generazioni.
La responsabilità di non dimenticare, di dare voce agli inauditi, di rivendicare il diritto alla libertà e alla dignità umana, ricade sulle spalle di coloro che erediteranno un mondo segnato da questa tragedia.
L’evento non è stato semplicemente un momento di pietà, ma un impegno a trasformare l’indifferenza in azione, la compassione in cambiamento.
La luce accesa a Roma dovrà illuminare un percorso verso la giustizia e la riconciliazione, affinché simili atrocità non si ripetano mai più.
La richiesta di un ritorno immediato degli ostaggi non è solo un atto di pietà, ma un imperativo di civiltà.