Nel debutto di “Belve Crime”, un nuovo format in prima serata su Rai2, Francesca Fagnani affronta un racconto di sofferenza, coraggio e redenzione attraverso l’intervista a Tamara Ianni, testimatrice chiave in un intricato e sanguinoso conflitto tra clan criminali romani. Le sue rivelazioni, rese pubbliche nel gennaio 2018, hanno portato all’arresto di trentadue membri del clan Spada, una famiglia criminale di Ostia gravata da una storia di violenza e terrore, intrinsecamente legata alle dinamiche dei Casamonica.Tamara Ianni e il marito vivono oggi sotto scorta, un prezzo da pagare per aver infranto un muro di omertà che per anni ha protetto le attività illecite e le intimidazioni subite dalla famiglia Ianni. Entrambi, in passato, erano immersi nelle complesse e pericolose dinamiche del sottobosco criminale ostiense. Il marito, legato al clan dei Baficchi – acerrimo rivale degli Spada – ricopriva un ruolo di particolare rilievo, fungendo da nipote prediletto di Giuseppe Galleoni, figura di spicco del clan, noto come “Baficchio”.La contrapposizione tra clan, alimentata da vendette e conflitti territoriali, ha progressivamente isolato Tamara Ianni, spingendola a compiere un atto di inaudita audacia: denunciare agli inquirenti le attività criminali che la affliggevano. Durante l’intervista, Fagnani sonda le ragioni che l’hanno spinta a questa scelta drammatica, interrogandosi se sia stato il coraggio o la disperazione a prevalere. La risposta di Ianni è lapidaria: “Disperazione”.Le descrizioni delle violenze subite sono sconcertanti. Un episodio particolarmente agghiacciante rivela come un membro del clan Spada, accompagnato da Enrico Spada, noto come “Pelè”, sieropositivo, abbia fatto irruzione in casa sua, brandendo pistole e coltelli. La scena culmina in un gesto di inaudita barbarie: “Pelè” si taglia la bocca con lamette per sputare sangue contaminato da Aids addosso al figlio di due anni di Ianni.Per proteggere il bambino, Tamara si è interposta, subendo violenze fisiche. “Prendevo botte, mi entravano in casa di notte, mi volevano far prostituire,” confessa. Ma il punto di rottura è arrivato quando i criminali hanno minacciato il figlio. “Quando volevano toccare mio figlio non ce l’ho più fatta. Ho alzato la testa.”L’arresto dei membri del clan Spada ha scatenato in lei un turbinio di emozioni contrastanti. “Ho avuto un senso di felicità, euforia ma anche tanta paura.” Una paura comprensibile, segno della consapevolezza che la sua testimonianza l’ha resa un bersaglio vulnerabile, esposta a possibili ritorsioni, nonostante la protezione offerta dalle autorità. La sua storia incarna la fragilità delle vittime della criminalità organizzata e il coraggio necessario per spezzare il ciclo di violenza e omertà, un atto che, pur portando con sé il peso della paura, rappresenta un passo fondamentale verso la giustizia e la ricostruzione di una vita spezzata.
Tamara Ianni: la testimonianza che ruppe il muro di omertà.
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