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40 Secondi: Il Film che Scava nell’Ombra di una Tragedia

“40 Secondi”: Un’Indagine sulla Fragilità Umana e il Silenzio CompliceLa Festa di Roma accoglie “40 Secondi” di Vincenzo Alfieri, un film che scava nell’abisso di una tragedia che ha segnato profondamente la coscienza collettiva: l’omicidio di Willy Monteiro Duarte, avvenuto a Colleferro nel settembre 2019.
Più che una cronaca, il film si configura come un’esplorazione spietata delle dinamiche sociali, della brutalità insensata e della responsabilità individuale di fronte alla violenza.
Il progetto trae spunto dal libro d’inchiesta di Federica Angeli, “40 secondi.

Willy Monteiro Duarte.
La luce del coraggio e il buio della violenza”, e promette di trascendere la mera riproposizione dei fatti, offrendo una prospettiva umana e complessa.

La data di uscita nelle sale, il 19 novembre, segna un appuntamento cruciale per un cinema che vuole essere testimonianza e denuncia.
Il regista Alfieri, alla sua opera prima, rivela un approccio inizialmente esitante, superato dalla consapevolezza di poter restituire la profondità di un personaggio come Willy, un giovane uomo che ha rifiutato l’indifferenza e la passività di fronte all’aggressività.

Il film non vuole essere una celebrazione del coraggio, ma un invito a risvegliare una coscienza sopita, a confrontarsi con le zone d’ombra del nostro essere.

Il cast, un mix calibrato di attori professionisti e volti nuovi selezionati tramite street casting, conferisce al film un realismo palpabile.

Justin De Vivo incarna Willy con una vulnerabilità e una dignità commoventi, mentre Francesco Di Leva, con la forza delle sue parole, sottolinea l’importanza di prendere posizione, di schierarsi con i valori in un mondo sempre più cinico.
L’attore, come il regista, sottolinea come il progetto rappresenti un’opportunità di esprimere la propria umanità.

Alfieri, con un’esperienza passata nel mondo della recitazione, adotta un linguaggio cinematografico asciutto e diretto, privilegiando le inquadrature ravvicinate e lasciando spazio all’improvvisazione e all’interpretazione spontanea degli attori.

Questa scelta stilistica mira a catturare la verità nascosta nei micro-gesti, nelle espressioni fugaci, nei silenzi eloquenti che caratterizzano la quotidianità.
Enrico Borello descrive l’esperienza sul set come la costruzione di un “mondo” coeso, privo di gerarchie e animato da un profondo senso di appartenenza, un ambiente favorevole all’emergere di emozioni autentiche.

Roberto Proia, già noto per il successo del suo precedente film “Il ragazzo dai pantaloni rosa”, sottolinea l’urgenza di storie che sappiano comunicare un messaggio forte e necessario, un monito per una società che troppo spesso preferisce voltare lo sguardo.

“Non si può morire in 40 secondi senza un motivo,” afferma Proia, invitando il pubblico a non lasciarsi sfuggire questa occasione di riflessione e di presa di coscienza.

Il film si propone come un contributo, seppur modesto, alla costruzione di una cultura della legalità e del rispetto, un’esortazione rivolta in particolare alle nuove generazioni, agli educatori, a tutti coloro che sentono la responsabilità di costruire un futuro più giusto e umano.
Il film, dunque, vuole stimolare un dibattito, un’azione, un cambio di mentalità.

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