Immagini sonore: la copertina del disco come specchio di un’eraDalla sua nascita, il disco in vinile ha rappresentato più di un semplice supporto sonoro; è stato un oggetto culturale, un’opera d’arte a sé stante, e il suo involucro grafico ne è stato un elemento imprescindibile. La mostra “Immagini Sonore: la copertina del disco e l’evoluzione di un’identità culturale”, in corso presso l’Auditorium Parco della Musica fino al 9 settembre, offre un viaggio affascinante attraverso questo universo, esplorando il profondo legame tra musica e immaginario visivo che ha plasmato intere generazioni.L’esposizione, curata da Stefano Dello Schiavo, si configura come il capitolo finale di un percorso promosso dalla Fondazione Musica per Roma, iniziato con celebrazioni dedicate all’intersezione tra arte visiva e musica (Synchronicity. Record Covers by Artists, 2010) e proseguito con un focus sui ritratti fotografici di musicisti che hanno segnato un’epoca (Grandi fotografi a 33 giri, 2012). La mostra raccoglie oltre 150 copertine di dischi in vinile, arricchite da quattro opere pittoriche provenienti dalla collezione privata dello Schiavo, e traccia un’evoluzione stilistica che va dagli anni ’60 ad oggi. Fino alla metà degli anni ’60, la grafica delle copertine rock, in linea con le convenzioni dell’epoca, tendeva ad essere meno elaborata rispetto a quella della musica classica e jazz. L’immagine del cantante o del gruppo era spesso funzionale alla costruzione di un’aura divistica e alla promozione commerciale.La svolta arriva a metà degli anni Sessanta, quando le band iniziano a percepire la copertina come parte integrante del messaggio artistico, un’estensione sonora da arricchire visivamente. Questo periodo segna l’inizio di una simbiosi creativa, che si manifesta in un’esplosione di immagini psichedeliche, oniriche e sperimentali, capaci di catturare l’essenza della controcultura e del movimento hippie, incarnate da artisti come i Beatles, i Rolling Stones e i Grateful Dead.L’estetica si evolve ulteriormente negli anni ’70, con l’avvento del punk e della new wave, che radicalizzano il linguaggio grafico attraverso un approccio provocatorio e anti-establishment. I Sex Pistols, Richard Hell e gli X-Ray Spex diventano simboli di un’estetica di rottura, che trasforma la copertina in una piattaforma di dissenso politico e di sperimentazione visiva, in aperta contrapposizione alle logiche dell’industria discografica.Questo clima di fermento culturale apre le porte a contaminazioni inaspettate, vedendo la copertina del disco diventare un crocevia di linguaggi artistici. Il fumetto d’autore, con maestri come Robert Crumb, Guido Crepax, Hugo Pratt e Andrea Pazienza, trova terreno fertile in questo spazio ibrido, arricchendo ulteriormente l’esperienza visiva e sonora. La copertina del disco non è più solamente un involucro, ma un vero e proprio dialogo tra diverse forme d’arte, un riflesso fedele del mutare dei tempi e delle sensibilità culturali. L’esposizione è un invito a riscoprire la potenza evocativa di un oggetto che, al di là del suo valore commerciale, ha contribuito a definire l’immaginario di un’epoca.
Copertine di dischi: un viaggio nell’arte e nella musica.
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