Libri d’Ore: Fede, Potere e Memoria tra Medioevo e Rinascimento.

Il Tempo della Devozione: Testimoni di Fede, Potere e Memoria nel Medioevo e RinascimentoL’esposizione “Il Tempo della devozione.

Libri d’ore italiani tra Medioevo e Rinascimento”, ospitata presso la Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana a Roma, offre un’occasione eccezionale per immergersi nel mondo intimo e raffinato della devozione privata nel tardo Medioevo e nel Rinascimento.

Questi manufatti, i *libri d’ore*, non sono semplici volumi: sono scrigni di fede, sfarzo e memoria, specchio della società e delle sue aspirazioni.

La loro popolarità, riscontrabile in tutta Europa, in particolare nell’area franco-fiamminga, raggiunse il suo apice tra il XIII e il XVI secolo, diffondendosi ampiamente e raggiungendo anche la stampa alla fine del Quattrocento.

La produzione si concentrò in particolare a Parigi, un centro nevralgico per l’arte della miniatura, dove la committenza aristocratica e la raffinatezza artistica raggiunsero vette ineguagliate.
Il possesso di un libro d’ore, come dimostra il fatto che il duca Jean de Berry ne accumulò addirittura diciotto, era un simbolo di status, un indicatore di potere dinastico e un oggetto di lusso inestimabile.

I libri d’ore presentati nell’esposizione rivelano la varietà di committenti e i diversi livelli qualitativi della produzione libraria.

L’antico *Offiziolo Visconti*, un capolavoro di sfarzo e ricercatezza, testimonia l’importanza della corte viscontea, fervente sostenitrice delle tendenze artistiche francesi.
L’opera, iniziata da Giovannino de Grassi, figura chiave della pittura e scultura lombarda e ingegnere capo della Fabbrica del Duomo di Milano, incarna l’eccellenza artistica del tardo Trecento.
Un altro capolavoro è il libro d’ore commissionato a Balzarrino da Pusterla, vincitore del torneo indetto in onore di Gian Galeazzo Visconti.

Il libro, arricchito da cicli di immagini e testi composti appositamente per lui, costituisce un documento prezioso per comprendere il contesto sociale e culturale dell’epoca.
La mostra non trascura la complessità dei rapporti tra arte, committenza e potere.
Il libro d’ore di Giberto Borromeo, il primo manoscritto miniato documentato al pittore Ambrogio de Predis, collaboratore di Leonardo da Vinci, evidenzia l’intersezione tra la nobiltà milanese e le più innovative correnti artistiche del Rinascimento.
I volumi commissionati da Lorenzo de’ Medici per le sue figlie offrono uno sguardo commovente sulle dinamiche familiari e sulle tragiche vicende personali, come nel caso del libro d’ore destinato a Luisa, morta prematuramente a soli undici anni.
L’ultimo *libro d’ore* esposto, commissionato per le nozze di Alessandro de’ Medici e Margherita d’Austria, segna un punto di conclusione, testimoniando l’evoluzione degli stili e delle tecniche artistiche.
Più che semplici volumi di preghiere, i libri d’ore rappresentavano un momento di connessione individuale con il divino, un rituale di devozione personale.
Sebbene originariamente destinati ai laici, la loro realizzazione era spesso affiancata a quella dei breviari destinati al clero, e la loro diffusione, anche a strati sociali meno elevati, ebbe un impatto significativo sull’alfabetizzazione, in particolare quella femminile.

Dopo la Controriforma, questi volumi furono spesso abbandonati o censurati per la loro presunta connessione a una religiosità autonoma dal controllo ecclesiastico e per la presenza di elementi considerati eterodossi.
Tuttavia, i libri d’ore hanno lasciato un’eredità preziosa, tramandati di madre in figlia o nipote, e arricchiti nel tempo da note e annotazioni che testimoniano le vicende familiari, trasformandoli in veri e propri archivi di preghiera, scrigni di memoria collettiva e individuale.
L’esposizione ci invita quindi a riscoprire e apprezzare questi straordinari testimoni di un’epoca cruciale della storia europea, un periodo di profonde trasformazioni religiose, artistiche e sociali.

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