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lunedì 27 Ottobre 2025

Pasolini: un’eco dal passato, tra cronaca e poesia.

Il 2 novembre 1975, mentre discutevo con Moravia per organizzare un viaggio in Africa, la telefonata brusca ci interruppe: Pasolini era morto, brutalmente assassinato all’Idroscalo di Ostia.

La nostra risposta fu immediata, un impulso a testimoniare, a cercare un senso in quell’indicibile perdita.
Lì, all’Idroscalo, il silenzio era assordante, rotto solo dai resti eloquenti di un’indagine frettolosa: un mattone spezzato, una trave intrisa di sangue, segni tangibili di un’umanità violata e di un lavoro investigativo che lasciava adombrare molte domande.
Moravia e io vagammo a lungo, invano, alla ricerca del luogo in cui il corpo era stato trasferito.
Andrea Andermann, regista testimone di quel dramma, ha poi scelto di restituire a Pasolini una sorta di vita dopo la morte, proiettando la sua assenza come presenza ossessiva nel film *Castelporziano, Ostia dei Poeti*, ora restaurato e riproposto da Rai Documentari.

Il film, in coincidenza con il cinquantesimo anniversario della morte del poeta, si avvale delle sue parole profetiche tratte da *La Guinea*, scritte nel 1962, per tessere un racconto che intreccia cronaca e poesia, ripercorrendo i tre giorni iconoclasti del Primo Festival Internazionale della Poesia.
Quel lido romano, nel giugno 1979, si trasformò in un teatro a cielo aperto, teatro di una ribellione esplosiva.

Trentamila giovani, animati da un’energia ribelle, contestarono il panorama poetico italiano, ma furono irresistibilmente attratti dalle voci dei giganti della Beat Generation: Allen Ginsberg, William Burroughs, Gregory Corso, LeRoy Jones, e l’intellettuale sovietico Evgenij Evtušenko.

Il palcoscenico, letteralmente invaso da questa ondata di passione e contestazione, finì per crollare sotto la forza di un’energia che sfidava ogni convenzione.

Andermann, con la sua sensibilità di documentarista, ha catturato quella vivace e complessa dinamica, adottando uno stile innovativo nelle sue opere in diretta televisiva, immergendosi nella realtà dei fatti, riprendendo gli eventi nel loro svolgersi, come fece con *Tosca* e *Rigoletto*.
“Abbiamo seguito l’evento nel suo fluire,” ricorda il regista, “sopra e sotto il palcoscenico, nel materializzarsi di una poesia inedita, persino in un improvvisato minestrone cucinato sulla spiaggia di Castelporziano.

” L’ombra dell’Idroscalo, tuttavia, persisteva, un monito costante.
L’obiettivo, però, è stato sempre quello di rispettare la verità delle persone, figure emblematiche di un’epoca di profondo cambiamento.

Nel 1980, la Rai trasmise quel film, arricchito dalla cronaca di un evento tragico che accompagnò il festival: un incendio devastante che interessò il mare antistante la spiaggia, conseguenza di una drammatica collisione tra una nave mercantile francese e una cisterna italiana.
“Confesso l’emozione,” afferma Andermann, “di sapere che quel film torna in onda, come omaggio a Pasolini.

” E riemergono due ricordi vividi: le sue ultime parole, pronunciate nell’ultima intervista a Furio Colombo, il giorno prima della morte: “Il senso di tutto è che tu non sai neanche chi adesso sta pensando di ucciderti, perché siamo tutti in pericolo.
” E poi, l’urlo lacerante di Moravia durante il funerale: “Il Poeta dovrebbe essere sacro.

” Un grido disperato che incapsula la perdita di un genio e la sacralità di un’arte che trascende la morte.

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