Sentenza assoluzione sindacalista accusato di violenza sessuale: polemiche e interrogativi sulla tutela delle vittime

La sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Milano, che ha assolto in secondo grado l’ex sindacalista Raffaele Meola dall’accusa di violenza sessuale nei confronti di un’hostess, ha sollevato polemiche e indignazione tra coloro che si battono per i diritti delle donne. La Procura aveva chiesto due anni di condanna, ma il ricorso è stato respinto e la sentenza confermata. Maria Teresa Manente, responsabile dell’associazione Differenza Donna a cui la vittima si era rivolta, ha annunciato il ricorso in Cassazione, sottolineando come questa decisione rappresenti un passo indietro nella tutela delle vittime di violenza sessuale.La mancanza di prove concrete durante il dibattimento ha portato alla seconda assoluzione di Meola, nonostante la credibilità riconosciuta alla vittima. Questa situazione mette in discussione l’interpretazione della legge sulla violenza sessuale e solleva interrogativi sulle modalità con cui viene valutata la testimonianza delle donne che denunciano episodi simili.Il presidente del collegio Nicoletta Guerrero aveva già spiegato in primo grado che la vittima era stata creduta, ma che non erano emerse prove sufficienti per sostenere l’accusa. Questo caso evidenzia le sfide e le complessità del sistema giudiziario nel trattare le questioni legate alla violenza di genere e pone l’accento sull’importanza di garantire alle vittime un adeguato supporto e tutela durante il processo legale.