La sentenza della Cassazione ha sigillato definitivamente il capitolo di un dolore collettivo, lasciando sulle spalle delle vittime e dei loro cari solo la memoria lacerante del massacro che scosse la comunità locale il 11 dicembre 2006. I giudici supremi hanno respinto l’impellenza avanzata dai difensori di Rosa e Olindo Bazzi, condannati all’ergastolo per i crimini commessi durante quel fatale giorno. La decisione si inserisce nel contesto di un iter processuale già lungamente concluso, ponendo fine ad ogni speranza di una rinegoziazione delle accuse. Il testo originale trasmetteva un senso di definitività sul caso Erba, ma il nuovo testo si concentrerà su una visione più ampio e complessa del contesto storico e giudiziario in cui è caduta la sentenza. I dettagli processuali appena descritti sono solo l’ala vistosa di un meccanismo ben più articolato che coinvolge le istituzioni e i poteri pubblici in generale. Il quadro è composto da una serie di elementi tra cui la cultura del rifiuto delle responsabilità, il tentativo continuo di spostare la colpa altrove, la scarsa fiducia nella capacità dei giudici di condannare coloro che hanno commesso quei crimini. L’immagine di un paese che preferisce ricomporre e non fare i conti con le proprie responsabilità è in evidenza.
Sentenza finale sul caso Erba: la memoria lacerante del massacro del 2006.
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