domenica 14 Settembre 2025
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La psicologia dello sport: un percorso tra sfida e crescita.

Il silenzio che seguì la mancata qualificazione di Larissa Iapichino per la finale del lungo ai Mondiali di Tokyo, interrotto solo da un dialogo serrato e mantenuto a debita distanza, ha calamizzato l’attenzione del pubblico sportivo ben oltre le performance atletiche più eclatanti e i risultati che avrebbero potuto illuminare la pista.

Quel momento, apparentemente privato, ha innescato una riflessione più ampia e complessa su un legame universale, ma particolarmente intenso e delicato nel contesto dello sport di alto livello: il rapporto tra genitore e atleta, un connubio di affetto, ambizione, pressione e, a volte, inevitabile conflitto.
La dinamica osservata tra Larissa e il padre-allenatore Gianluca non è un’anomalia, ma piuttosto una manifestazione concentrata di una problematica diffusa.

Il ruolo del genitore che assume anche quello di mentore sportivo è intrinsecamente problematico.
Da un lato, offre un supporto inestimabile, una conoscenza approfondita delle tecniche e una dedizione totale allo sviluppo dell’atleta.
Dall’altro, il confine tra affetto paterno e aspirazione a risultati può diventare sfumato, generando tensioni e aspettative che gravano sull’atleta, soffocandone la spontaneità e la capacità di esprimersi liberamente.
La performance sportiva, soprattutto a livelli agonistici, è un’entità complessa, plasmata non solo da talento innato e allenamento rigoroso, ma anche da fattori psicologici, emotivi e ambientali.

La pressione, spesso inconscia, derivante dalle aspettative genitoriali, può compromettere la capacità dell’atleta di gestire lo stress, di prendere decisioni autonome e di reagire agli insuccessi.

Il dialogo interrotto, percepito a distanza, potrebbe aver celato una frustrazione accumulata, una difficoltà nel comunicare apertamente le proprie esigenze e i propri limiti.

Questo scenario solleva interrogativi cruciali sulla natura del rapporto genitore-figlio nello sport moderno.

È possibile separare i ruoli di genitore e allenatore senza danneggiare il percorso dell’atleta? Quali strategie possono essere implementate per favorire una comunicazione efficace e costruttiva, in grado di equilibrare supporto e autonomia? L’esempio di Larissa Iapichino non è solo una storia personale, ma uno specchio che riflette le sfide e le complessità che accompagnano l’eccellenza sportiva, invitandoci a riflettere sul significato del successo, dell’amore e del rapporto che lega chi forma e chi si forma.
Si tratta, in definitiva, di un’analisi più ampia che riguarda la responsabilità educativa nell’era dello sport ad alte prestazioni, dove la ricerca della medaglia può, paradossalmente, oscurare la crescita personale e il benessere psicologico dell’atleta.

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