Teatro come rinascita: la storia di Fouad e il laboratorio nel carcere Beccaria

10 marzo 2025 – 18:15

Don Gino Rigoldi, un luminare educatore e cappellano del carcere minorile Beccaria, ha dimostrato per oltre cinquant’anni la sua ferma convinzione: i giovani sono in grado di trasformarsi. Egli conosce personalmente gli internati dell’istituto e comprende l’importanza di offrire loro opportunità di rinascita. Una di queste preziose occasioni è rappresentata da Puntozero, il primordiale teatro insito nel carcere che si apre su due mondi distinti: uno interno, legato al microcosmo del Beccaria, e l’altro esterno, accessibile a tutti. Il palcoscenico diviene il luogo d’incontro tra queste due realtà differenti, un’opportunità straordinaria per esplorare se stessi e gli altri.Per tre decenni l’associazione ha condotto attività teatrali con i giovani detenuti presso l’istituto penitenziario milanese, simbolo della disfunzione delle carceri italiane con una sovraffollamento allarmante di 69 detenuti — di cui il 60% stranieri — in soli 48 posti disponibili e carenza di personale. Nel laboratorio teatrale prendono parte sia i detenuti che attori professionisti e studenti dell’università Statale. L’esito più recente è stato la messa in scena innovativa di “Alice nel paese delle meraviglie” integrata con la realtà aumentata. Grazie agli effetti speciali e alle nuove tecnologie impiegate, Alice si ritrova a diminuire drasticamente o crescere esponenzialmente, penetrando botole che conducono a mondi mutevoli.Fouad ha vissuto una delle tante evasioni organizzate presso il Beccaria; durante le festività natalizie era riuscito a fuggire ma venne successivamente riacciuffato. La sua infanzia fu segnata dal lavoro in una panetteria poiché suo padre non poteva portarlo a scuola distante; fin da piccolo fu coinvolto nella produzione del pane ed istruito sulla necessità di imparare tale mestiere entro i dodici anni. Tuttavia, giunto al carcere nel 2019 come un ragazzo modello proveniente da una zona tranquilla, Fouad fu trasferito a San Siro dove fece conoscenza con individui poco raccomandabili, iniziando così ad occuparsi dello spaccio fino ad essere imprigionato per un anno e quattro mesi.L’incontro con il regista Giuseppe Scutell aprì per Fouad una porta insperata verso un mondo nuovo, simile a quelle botole sul palco attraverso cui Alice si avventura in mondi sconosciuti. In prigione riprese gli studi fino alla terza media e nel febbraio del 2024 si aggregò al laboratorio teatrale. Inizialmente ignaro del significato del teatro e limitato dalla lingua italiana che non padroneggiava appieno né dalla capacità di lettura o scrittura, Fouad ebbe l’opportunità concessagli da Beppe di sperimentare questa nuova dimensione artistica.Da quel momento scoprì una passione insospettata: “Mi sono innamorato dell’intero gruppo.” Pur conservando nel cuore il sogno di diventare un rapper, Fouad riconobbe l’enorme valore degli strumenti offerti ai ragazzi detenuti affinché potessero costruirsi un futuro dignitoso e continuare ad evolversi. Questa visione è condivisa anche dal regista Scutell che ammira nei giovani detenuti dei veri miracoli viventi capaci di rendere magica ogni performance grazie alla loro dedizione assoluta nell’affrontare le sfide proposte sul palco virtuale della vita reale.

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