Il caso di Ciriè (Torino) solleva un quadro allarmante di negligenza, manipolazione della verità e sfruttamento lavorativo, andando ben oltre una semplice denuncia per lesioni colpose.
L’episodio, datato 7 agosto, ha visto i carabinieri intervenire su segnalazione di due coniugi, proprietari di un’abitazione oggetto di ristrutturazione, i quali riferirono di aver trovato un uomo ferito in un prato.
L’inchiesta, coordinata dalla Procura di Ivrea, ha però rivelato una narrazione ben diversa da quella inizialmente fornita: il lavoratore, un cittadino rumeno di 46 anni, era precipitato da un balcone durante i lavori, riportando ferite di gravità tale da richiedere un intervento medico in ospedale, dove le sue condizioni, pur non critiche, non consentono di archiviare la prognosi.
L’accusa, rivolta ai coniugi proprietari dell’immobile e al direttore dei lavori, non si limita a lesioni colpose, ma include abbandono di incapace e omissione di soccorso, elementi che denunciano un tentativo deliberato di occultare l’incidente.
Il ritardo nell’allertare i soccorsi, con il trasferimento del ferito in auto fino a un prato distante, suggerisce una strategia volta a mascherare le responsabilità e a evitare un’indagine più approfondita sulle condizioni di sicurezza del cantiere.
Il quadro che emerge è quello di un rapporto di lavoro precarizzato e illegale: il lavoratore rumeno prestava servizio in nero, privo di tutele e di protezione sociale.
Questo aspetto cruciale, spesso celato dietro a dinamiche apparentemente marginali, evidenzia una vulnerabilità strutturale che rende i lavoratori migranti particolarmente esposti a rischi e abusi.
La mancanza di contratti, la retribuzione irregolare e l’assenza di controlli sulla sicurezza diventano elementi concorrenti in un contesto di profonda illegalità.
L’episodio di Ciriè non è un caso isolato, ma si inserisce in una tendenza preoccupante di sfruttamento lavorativo e di violazione delle norme di sicurezza, alimentata da una cultura della scorciatoia e dalla ricerca di risparmio a tutti i costi.
Le organizzazioni sindacali, come Cgil Torino e Fillea Cgil, hanno espresso indignazione e profonda preoccupazione, sottolineando la necessità di rafforzare i controlli, di tutelare i lavoratori e di promuovere una cultura del lavoro sicuro e legale.
È imperativo che le istituzioni e la società civile si mobilitino per contrastare questo fenomeno, garantendo che ogni lavoratore, indipendentemente dalla sua provenienza o dalla sua condizione contrattuale, possa esercitare il proprio diritto a un ambiente di lavoro dignitoso e sicuro.
L’inchiesta in corso dovrà far luce su tutte le responsabilità e su eventuali collegamenti con altre attività illecite, al fine di sradicare un sistema che alimenta la criminalità e mette a rischio la vita delle persone.