mercoledì 8 Ottobre 2025
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Torino

Crisi nel Carcere di Torino: Autogestione e Rischio di Collasso

Il Padiglione B del carcere Lorusso e Cutugno di Torino si configura come un barometro di una crisi sistemica più ampia nel tessuto penitenziario italiano, sollevando interrogativi urgenti sulla gestione della sicurezza e sulla tenuta del modello rieducativo.
La denuncia del sindacato autonomo di polizia penitenziaria (OSAPP), attraverso il suo segretario generale Leo Beneduci, non è un semplice allarme, ma la descrizione di una situazione di profonda degradazione, caratterizzata da una progressiva perdita di controllo da parte delle istituzioni e da una conseguente erosione della sicurezza per il personale e per la collettività.
L’episodio del furto dell’orologio, apparentemente marginale, si rivela sintomatico di una dinamica più allarmante: la parziale apertura delle sezioni, in violazione del regolamento, favorisce una sorta di autogestione all’interno del padiglione.

Questa autogestione, alimentata dalla percezione di impunità, si manifesta in comportamenti irrispettosi e aggressivi verso il personale di custodia, come reiterate aggressioni verbali, culminate in sputi e altre forme di insulto.
Questi atti non sono episodi isolati, ma il prodotto di un clima di crescente tensione e di una mancanza di deterrenti efficaci.

La denuncia di Beneduci non si limita a descrivere la situazione attuale, ma lancia un monito severo: l’inerzia delle istituzioni, l’assenza di interventi correttivi tempestivi, rischiano di compromettere irrimediabilmente il controllo sulla struttura detentiva, con conseguenze potenzialmente gravi.

La perdita del “polso della situazione”, come la definisce il segretario, potrebbe innescare un’escalation di violenza con ripercussioni estese al di fuori delle mura carcerarie.

La gravità della situazione è amplificata dalla percezione diffusa tra il personale di polizia penitenziaria – descritto come “esasperato, stanco e avvilito” – che si sente abbandonato e ignorato dalle autorità locali e regionali.

Questa mancanza di supporto non solo mina il morale degli agenti, ma compromette anche l’efficacia di qualsiasi tentativo di riabilitazione e reinserimento sociale dei detenuti, snocciolando un potenziale che disumanizza sia chi detiene che chi è detenuto.

Il sindacalista sottolinea una deriva inaspettata, un deterioramento profondo che mette in discussione il principio stesso di una pena finalizzata alla rieducazione.

La richiesta di un intervento diretto da parte del Ministro della Giustizia Carlo Nordio non è quindi un atto di semplice protesta, ma una necessità improrogabile per scongiurare il verificarsi di eventi ancora più drammatici, che potrebbero irrimediabilmente compromettere la sicurezza e l’ordine pubblico.

Si tratta di una richiesta di presa in carico politica di una responsabilità che, a questo punto, rischia di trascendere la mera gestione amministrativa di una struttura carceraria, toccando le fondamenta del sistema giudiziario italiano.

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