La recente vicenda di Mario Roggero, gioielliere piemontese condannato in appello a quattordici anni e nove mesi di reclusione, ha scatenato un acceso dibattito pubblico e visto l’intervento del leader della Lega, Matteo Salvini, attraverso una campagna di raccolta fondi sostenuta attivamente sui social media.
L’azione di Salvini, che accompagna un messaggio di auguri per le festività, solleva interrogativi complessi sul delicato equilibrio tra autodifesa, giustizia e percezione popolare della legalità.
La storia di Roggero, un commerciante ben radicato nel tessuto sociale del Piemonte, si intreccia con un evento drammatico: nel 2021, durante un tentativo di rapina nel suo negozio, l’uomo reagì, provocando la morte di due aggressori e ferendo un terzo.
L’episodio, seppur originariamente percepito da molti come un atto di coraggio e difesa della proprietà e della persona, ha poi innescato un lungo e travagliato percorso giudiziario, culminato con la condanna in appello e con l’imposizione di ingenti risarcimenti alle famiglie delle vittime e di spese legali.
L’intervento di Salvini non si limita a una semplice espressione di solidarietà; si configura come un atto politico che pone al centro un tema sensibile: la legittima difesa.
Il leader leghista, attraverso la divulgazione dell’Iban e della causale per la raccolta fondi, esprime un sostegno inequivocabile a Roggero, suggerendo una narrazione che enfatizza il ruolo dell’uomo come vittima di un sistema giudiziario percepito come eccessivamente severo.
Tuttavia, la vicenda solleva questioni etiche e giuridiche cruciali.
La reazione di Roggero, pur rientrando nell’alveo della legittima difesa, ha comportato la perdita di due vite umane.
La raccolta fondi promossa da Salvini rischia di sminuire la gravità di tali perdite e di inviare un messaggio ambiguo sulla necessità di rispetto per la vita e per le decisioni della magistratura.
Il caso Roggero si inserisce in un contesto più ampio di crescente frustrazione verso il sistema giudiziario, alimentata dalla percezione di lentezza, inefficienza e disparità di trattamento.
La reazione popolare, spesso condizionata da semplificazioni e da una scarsa conoscenza dei dettagli processuali, può portare a una polarizzazione delle opinioni e a una delegittimazione delle istituzioni.
È fondamentale, pertanto, un dibattito pubblico sereno e documentato, che affronti con lucidità le questioni etiche e giuridiche sollevate dalla vicenda, senza cadere in strumentalizzazioni politiche e nel rischio di esaltare una forma di giustizia sommaria che contrasta con i principi fondamentali dello Stato di diritto.
La legittima difesa è un diritto sancito dalla legge, ma il suo esercizio non può mai prescindere da un’attenta valutazione delle circostanze e dalla responsabilità di evitare sproporzioni che possano compromettere la sicurezza e la dignità umana.






