Un inedito spazio dedicato all’affettività aprirà le sue porte nel carcere Lorusso e Cutugno di Torino, un’iniziativa che solleva interrogativi e dibattiti nel contesto della pena detentiva e del reinserimento sociale.
La “stanza dell’affettività”, estesa su una superficie di oltre quindici metri quadri e attrezzata con servizi igienici completi, offrirà ai detenuti la possibilità di incontri privati con i propri cari, un’opportunità precedentemente limitata o inesistente in un ambiente notoriamente asfittico e deprivante.
Le prime prenotazioni, due incontri programmati per la giornata inaugurale, segnano l’inizio di un esperimento che mira a umanizzare un’istituzione spesso percepita come un luogo di isolamento e sofferenza.
L’iniziativa, collocata nel padiglione E, sezione Arcobaleno, destinata ai detenuti in regime di semilibertà e a coloro che partecipano a programmi di lavoro interni ed esterni, si configura come un tentativo di rispondere al bisogno di relazioni affettive e di mantenere legami significativi con il mondo esterno.
Tuttavia, l’apertura di questa stanza non è stata accolta senza riserve.
Leo Beneduci, segretario generale dell’Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria, ha espresso profonde preoccupazioni, sottolineando come tale iniziativa non affronti le problematiche strutturali e urgenti che affliggono il sistema penitenziario italiano.
La sua critica non si focalizza unicamente sulla peculiare gestione della stanza, ma evidenzia una carenza più ampia di risorse umane e di attenzione alle reali necessità dei detenuti.
Beneduci denuncia la gravissima insufficienza di personale penitenziario, già costantemente sotto pressione per gestire situazioni critiche come tentativi di suicidio, autolesionismo, risse e danni materiali.
La sua argomentazione pone l’accento sulla possibilità che l’impegno del personale richiesto per la gestione della stanza avrebbe potuto essere indirizzato a risolvere problematiche più impellenti, come la concessione di permessi premio esterni.
Il sindacato Osapp, condividendo le preoccupazioni di Beneduci, aggiunge una critica concettuale: l’iniziativa, pur nella sua apparente innovazione, appare priva di una finalità rieducativa, come imposto dalla Costituzione Italiana.
La Costituzione, in tema di pena, non prescrive semplicemente la punizione, ma soprattutto il reinserimento sociale del detenuto, un obiettivo che l’iniziativa in questione, a detta del sindacato, non sembra perseguire attivamente.
Permettere l’intimità all’interno di un carcere, per il sindacato, dovrebbe essere funzionale a un percorso di recupero e riabilitazione, non un fine a sé stesso.
In sintesi, l’apertura della stanza dell’affettività a Torino si rivela un catalizzatore di un più ampio dibattito sulle priorità dell’amministrazione penitenziaria.
Mentre l’iniziativa viene presentata come un segno di progresso e di umanizzazione, il personale penitenziario e i sindacati esprimono forti riserve, denunciando la persistenza di carenze strutturali e la prevalenza di iniziative di facciata a discapito della sicurezza e del benessere dei detenuti e del personale stesso, nonché dell’effettivo perseguimento degli obiettivi rieducativi sanciti dalla Costituzione.
L’episodio solleva interrogativi cruciali sulla necessità di investire in risorse umane e in programmi efficaci per il reinserimento sociale, piuttosto che in interventi simbolici che rischiano di eludere le vere esigenze del sistema penitenziario.






