A Torino, nel cuore del centro storico, sorge ora la seconda sede italiana del Serial Killer Museum, un’esperienza immersiva che trascende la mera esposizione museale per divenire un viaggio angosciante nelle profondità della mente criminale.
Situato in via Arcivescovado 9, il museo si configura come un archivio sonoro e visivo, un vero e proprio “podcast che prende vita” tra le sue sale, dove le voci e le storie dei più noti serial killer internazionali si intrecciano in un racconto denso di inquietudine e riflessione.
Il percorso museale non si limita a presentare i casi più macabri, ma si propone di analizzare le radici della violenza, i meccanismi psicologici che la alimentano e il contesto sociale che la favorisce.
Dieci figure emblematiche, provenienti da diverse epoche e luoghi del mondo, sono al centro dell’esposizione.
Dagli orrorifici delitti di Ed Gein, il cui profilo ha influenzato la creazione di uno dei più iconici personaggi della cultura popolare, Hannibal Lecter, all’inquietante ambiguità di John Wayne Gacy, il “Killer Clown”, il museo esplora la complessità del male.
Il racconto si estende oltre i confini statunitensi, abbracciando la vicenda di Luis Alfredo Garavito, il serial killer colombiano, e si addentra in casi tristemente noti come quelli di Jeffrey Dahmer, il “mostro di Milwaukee”, Richard Ramirez, il “Night Stalker”, e le sconvolgenti dinamiche che ruotano attorno a Charles Manson, simbolo di un’epoca tormentata.
L’esposizione non trascura la figura femminile, dedicando spazio ad Aileen Wuornos, una delle rare donne ad essere riconosciuta come serial killer, e rievocando la macabra storia di Leonarda Cianciulli, la “saponificatrice” di Correggio, una figura particolarmente inquietante nel panorama criminale italiano.
Si spazia poi fino all’Europa, con un omaggio alla figura controversa della contessa Erzsébet Báthory, la “contessa sanguinaria” ungherese, un’entità avvolta nel mito e nella leggenda.
Un omaggio speciale, e un punto di partenza cruciale per comprendere l’evoluzione dello studio della criminalità, è dedicato a Cesare Lombroso.
Il pioniere della criminologia moderna, con le sue teorie sull’atavismo e il “criminale nato”, viene presentato non come una figura da condannare, ma come un prodotto del suo tempo, la cui opera, seppur oggi superata, ha gettato le basi per un approccio scientifico allo studio del comportamento criminale.
L’esposizione offre uno sguardo critico e contestualizzato sulle sue teorie, stimolando la riflessione sul rapporto tra scienza, pregiudizio e comprensione della devianza.
Il museo non si propone come un mero intrattenimento macabro, ma come uno spazio di riflessione profonda, un invito a confrontarsi con l’ombra dell’umanità e a interrogarci sulle cause e le conseguenze della violenza.
L’esperienza si configura come un percorso arduo, ma essenziale per comprendere la complessità del male e per cercare, anche attraverso l’analisi della sua manifestazione più estrema, nuove vie di conoscenza e di prevenzione.








