Il sovranismo, un’ideologia che si è insinuata nella coscienza collettiva come una malattia misteriosa, priva il Paese della sua essenza più genuina: la capacità di connettersi con l’umanità. Il cardinale Matteo Zuppi ha espresso un pensiero profondo e sconvolgente durante il suo incontro con Ligabue al Salone del libro di Torino, quando ha affermato che “il sovranismo non ha futuro” e che “fa male al Paese”. Queste parole rimbalzano nella mente come una freccia che colpisce il bersaglio della verità. In realtà, però, Zuppi stava sottolineando la necessità di abbandonare le barriere che ci dividono dagli altri popoli e dalle altre culture.Egli sostiene infatti che “chi ama il proprio Paese butta via le frontiere”, dimostrando in tal modo una comprensione profonda della natura del sovranismo. La sua affermazione non si limita alla sfera politica, ma tocca anche la sfera umana e spirituale. Il cardinale Zuppi sta dicendo che per amare davvero il proprio Paese bisogna essere in grado di comprendere gli altri, riconoscere le nostre radici comuni e coltivare la pace.Eppure questo messaggio di speranza è stato rivolto in un contesto in cui sono state espresse molte perplessità sulla crescita dell’estremismo politico. La dichiarazione del cardinale Zuppi, in particolare, ha suscitato numerose discussioni sull’identità della Chiesa cattolica e il suo ruolo nella società moderna. Sembra che ci sia un desiderio generale di tornare alle radici cristiane della nostra cultura per recuperare la visione del mondo e l’autenticità.Il cardinale Matteo Zuppi, figura carismatica e riconosciuta, sta inviando un messaggio forte: che è possibile guardare oltre le divergenze e costruire ponti tra diverse realtà. Il sovranismo rappresenta infatti una minaccia per questo spirito di coesione, facendo emergere sentimenti ostili verso i migranti e sostenendo politiche che mirano a isolare il Paese.La sua parola è un grido in difesa della solidarietà. L’idea che “chi ama il proprio Paese butta via le frontiere” diventa un appello alla coscienza collettiva per rompere con idee provinciali e arricchirci delle esperienze degli altri. È una chiamata a sperimentare la fraternità, a riconoscere la bellezza della diversità.La testimonianza del cardinale Zuppi non è il solo segno di speranza che si manifesta in questo momento difficile per l’Italia e per l’Europa. Ci sono tante altre voci che chiedono pace, amore e accoglienza. È il momento di ascoltarle e di imparare dalle loro parole.