Canavese e Egitto: tre figure chiave nell’egittologia moderna.

Carlo Vidua, Bernardino Drovetti, Antonio Lebolo: intrecci canavesani e la nascita dell’egittologia modernaUn’immersione nella storia e nella cultura, un viaggio nel tempo che affonda le radici nel cuore del Canavese: a Conzano, Villa Vidua ha ospitato un convegno dedicato alla figura del conte Carlo Vidua e al suo cruciale viaggio in Egitto (1819-1820), un’impresa che vide protagonisti due illustri concittadini: Bernardino Drovetti e Antonio Lebolo.

L’iniziativa, promossa con il sostegno dell’Associazione Culturale Terra Mia, ha rappresentato un’occasione per ripercorrere le vicende di un’epoca di grandi scoperte e per illuminare il contributo, spesso sottovalutato, di figure canavesane nell’affermarsi dell’egittologia come disciplina scientifica.

Il viaggio di Carlo Vidua, pur essendo ad esso collegato, rappresenta solo una cornice.

Bernardino Drovetti, console generale di Francia in Egitto, fu una figura centrale nell’epoca napoleonica e nel successivo periodo, accumulando una vasta collezione di antichità egizie che avrebbero poi composto il nucleo originario del Museo Egizio di Torino.
Il suo ruolo di “cacciatore” di reperti, spesso operante in un contesto delicato e complesso, definì in parte l’approccio iniziale all’archeologia egizia.

Ma è la figura di Antonio Lebolo, originario di Castellamonte, a emergere con particolare intensità durante il convegno.
Lebolo, collaboratore di Drovetti, si distinse per la sua meticolosa ricerca di papiri nella zona di Tebe.

I suoi scavi, condotti con un’attenzione ai dettagli e un’intuizione che anticiparono approcci successivi, contribuirono in maniera determinante alla formazione del museo torinese, non solo per i reperti recuperati ma anche per le metodologie applicate.
L’associazione tra Lebolo e la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, presentata da Sergio Griffa, ha introdotto un elemento dirompente e affascinante.

Secondo alcune tradizioni mormoni, i papiri rinvenuti da Lebolo sarebbero alla base del Libro di Abrahamo, un testo sacrale della fede degli ultimi giorni.
Questa connessione, sebbene controversa e oggetto di dibattito accademico, sottolinea l’impatto globale e multidimensionale del lavoro di Lebolo e il suo contributo a due culture apparentemente distanti.
Il convegno si inserisce in un più ampio percorso di valorizzazione del patrimonio culturale canavesano intrapreso dall’Associazione Terra Mia, che nel corso dell’anno ha dedicato numerose iniziative alla memoria di Antonio Lebolo.
Dall’inaugurazione della stele commemorativa, al convegno internazionale moderato da Silvia Rosa-Brusin, fino alla posa della targa sulla casa natale, l’associazione ha operato per restituire a Lebolo il riconoscimento che merita, non solo come figura chiave nella storia dell’archeologia piemontese, ma anche come testimone di un’epoca di transizione, in cui la scienza, la religione e l’esplorazione si intrecciano in modi inaspettati e significativi.

Il lavoro di Lebolo, il ruolo di Drovetti e il viaggio di Vidua, insieme, rappresentano un tassello fondamentale per comprendere le origini e l’evoluzione dell’egittologia moderna, un’eredità culturale che continua a ispirare ricercatori e appassionati in tutto il mondo.

Alessandro Roccati, professore emerito di Egittologia dell’Università di Torino, ha sottolineato come queste figure, spesso poco conosciute, abbiano lasciato un’impronta indelebile nel panorama scientifico internazionale.

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